30/03/07

Quattro passi

Quasi quasi esco.
Oggi c'è il sole. Forse stavolta la primavera fa sul serio e il sole c'è per restare. Oggi non c'è neanche vento. I rami del pino in giardino oscillano appena. Sembra la mattinata adatta per fare quattro passi.
O magari vado al centro e mi compro le scarpe. Le scarpe servono per camminare. In realtà no, servono di più gambe e piedi, ma in quanto uomo moderno con una certa ipersensibilità plantare necessito di calzature. Però, prendere la macchina, cercare parcheggio, girare i negozi, scegliere le scarpe... Un'altra volta magari, con più tranquillità, che ormai è già tardi.
Meglio uscire a fare quattro passi... due, facciamo due passi. Sgranchire le gambe, pensare. Ho tante a cose a cui pensare, tipo... be', ne ho così tante che mi è difficile scegliere. Se mi metto a pensare a una cosa va a finire che ne trascuro un'altra importante, magari più importante, magari fondamentale.
Meglio passeggiare e non pensare a niente. Faccio un giro del quartiere, sgranchisco le gambe. Non troppo però, che mi fanno sempre male. Temo di avere le ginocchia di Ronaldo. Se azzardo un passo di tip-tap mi saltano via tutti i legamenti. Devo andarci cauto. Faccio due passi qua fuori, nella mia strada. Però è in salita. Il lato buono è che il ritorno sarebbe in discesa. Però prima devo salire. Potrei cominciare scendendo ma dubito che riuscirei a tornare a casa.
Ma cosa vedo lì, a nord? Sono forse nuvole che insidiose si avvicinano minacciando il sole? E non è il pino scosso da sussulti più violenti? L'imberbe primavera rischia forse di soccombere per l'ennesima volta sotto le zampate dell'ostinato inverno? Disdetta!
Lo so come va a finire, esco e si mette a piovere. Sono reduce dall'influenza, mi becco una ricaduta. Ho mal di gola e il vento mi sarebbe fatale. Potrei uscire e non tornare più, collassare in strada, stritolato dall'impeto della tempesta, travolto dalle auto.
In tv fanno il nuoto. Mi piace il nuoto. Sto a casa e guardo il nuoto. Mi piace lo sport.
Sono uno sportivo.

28/03/07

This is for Joe

L'ho scoperto casualmente e devo confessare che mi son fatto fregare, il brividino d'emozione mi è scappato.

Salute!


Quando la settimana scorsa sono partito per Roma ho portato con me un raffreddore ragguardevole. Arrivato lì si è attenuato, nonostante la pioggia con cui abbiamo dovuto fare i conti certe sere. Ma appena tornato al nido, eccola pronta a ricevermi a braccia aperte: la febbre.
Una notte d'inferno, insonne, tra brividi e dolori. Un paio di giorni raffreddato a livello "carta igienica" (4 rotoli se ne sono andati soffiandomi il naso già il primo giorno). Oggi va meglio.
Degli anni schifosi che ho vissuto a Bologna, solo una cosa andava per il verso giusto: la salute.
Nonostante il freddo, nonostante la nebbia, la pioggia, la neve, non ho preso quasi mai un malanno.
Qui nella mia Terronia sto sempre male. Sempre, per un motivo o per un altro, con lo starnuto in canna e il fazzoletto nella fondina.
Che c'è di peggio, ok, è vero. Però mi girano le palle.
Forse è colpa mia. Quando andavo a scuola, accoglievo anche la più modesta febbriciattola con esultanza e ne approfittavo per restarmene a letto. E adesso non perde occasione per farmi visita.

25/03/07

Deserto grigio


Il treno percorre il sud Italia.
Al di là del finestrino scorrono le periferie, le estreme propagini dei centri abitati
I binari passano tra capannoni, magazzini, industrie in disuso, ciminiere, baracche, edifici diroccati. Riserve per i graffitari. Zone fantasma.
Più che non-luoghi, ex-luoghi, svuotati di vita.
Non c'è un'anima lì fuori, in mezzo a tutto questo, nel sole del primo pomeriggio che gioca a nascondersi dietro i nuvoloni grigio asfalto. Chilometri di deserto urbano.
Sembra di vedere un mondo abbandonato, uno scenario post-apocalittico di provincia, destinato all'eterna immobilità.
Poi entra in scena il mare ed un pescatore sulla riva che sfida il vento.
Ed il tempo riprende a scorrere.

21/03/07

" ."


Invidio i citazionisti. Coloro che riescono a citare a memoria le battute di un film, le frasi di un libro, di quelle ad effetto, che fanno colpo.
Li invidio perché io non ricordo niente di niente. Dei centinaia libri letti e film visti nella mia vita, mi rimane, quando va bene, l'eco dell'emozioni, delle sensazioni, provate voltando l'ultima pagina o all'arrivo dei titoli di coda. Ricordo che ho amato quel film, o quanto desiderassi che quel libro non finisse mai. Poi niente, tracce confuse dal tempo. E in certi casi nemmeno quelle. Tabula rasa.
Forse è perché non sono uno che rilegge o rivede spesso il già letto e il già visto. Conosco gente che, al contrario, ha visto certi film decine di volte e saprebbe recitarne ogni dialogo dall'inizio alla fine. No grazie, ho ancora tempo per sviluppare qualche mania compulsiva più originale.
Però mi dispiace non rammentare alcun un nome della famiglia Malussène, o sapere dire quanti dei Sette samurai restino in piedi, o spiegare perché Gatsby fosse grande.
Abbiamo passato dei bei momenti insieme, ma io li ho lasciati alle spalle.

20/03/07

Daje all'attestato!


Il mio curriculum da oggi si arricchisce di un altro titolo incredibilmente inutile! Qualche ora fa ho infatti superato gli ultimi esami per ottenere la PATENTE EUROPEA DEL COMPUTER!!! Potrò finalmente sfrecciare per i circuiti di Need for Speed senza alcun timore dei posti di blocco.
Dopo la laurea al Dams che mi ha spalancato tutte le porte (d'uscita) del mondo lavorativo e un fantastico corso di formazione regionale, ecco un'altra conquista che mi rende una preda sempre più appetibile.
Ma non voglio fermarmi qui! Da infaticabile professionista qual sono, voglio conquistare altri titoli.
Nel mirino: Parrucchiere per calvi, Logopedista per animali, Personal trainer per persone in stato vegetativo.
Sono aperto a ogni suggerimento.

19/03/07

Storie di poliziotteria

Milano, Napoli, Torino, tre storie brevi per chi non ha tempo da perdere.

17/03/07

Ed è subito sera (sul molo).


A 26 anni Otis Redding fece un po' di cose essenziali.

Scrisse il più bel verso mai scritto per una canzone.

Lo incastonò in una delle più belle canzoni della storia della musica.

Morì.

Nella sua breve vita aveva già creato alcune gemme che sarebbero divenute imprescindibili per la musica soul, ma il meglio lo tenne per la (inaspettata) fine.

(Sittin' on) The Dock of the bay è una canzone amata da molti, conosciuta da milioni, rifatta da centinaia, sentita da tutti almeno una volta.

E' un brano unico, non solo per il cambiamento stilistico che la differenzia in maniera evidente dal resto della produzione di Redding e dal soul dell’epoca, ma soprattutto per ciò che dice e per come lo fa.

Perché racconta la solitudine, quella di Quasimodo e non della Pausini, e lo fa partendo da lontano, dalla Georgia, per arrivare in un molo di San Francisco. Ché non ho niente per cui vivere, e niente di buono incrocerà la mia strada. E tanto vale restare seduto a guardare le navi allontanarsi.

E per come lo fa, con la delicatezza di un cacciatore di farfalle, con una ballata vivace, fischiettando, ingannandoci. Ci inganna Otis, facendoci canticchiare la nostra solitudine. Intrappolandoci con il verso più bello e spietato mai scritto:

This loneliness won't leave me alone


Siamo in gabbia. E' un verso che non lascia scampo.

A gennaio del '68 il più bel verso mai scritto vibrò nelle radio, cantato dalla voce di un morto.

Un mese prima il charter su cui viaggiava Otis si era schiantato, e fu l'ennesima futura legenda della musica dalle ali spezzate.

Del resto Oguno sta solo sul cuor della terra...

16/03/07

Dida sì, Dida no (ovvero Le scelte spettano al Mister)


Ho scritto un soggetto su un fatto di cronaca accaduto un bel po' di anni fa. La storia mi ha colpito perché si tratta di un omicidio brutale il cui autore fu subito identificato, catturato e processato ma, per assurde circostanze, mai punito.
Il racconto comincia con un giornalista che, decenni dopo il terribile crimine, va a trovare il padre della vittima per dargli una notizia. Questa prima parte l'ho anche sceneggiata.
A questo punto comincia il flashback e casca l'asino. Sono infatti indeciso su come procedere nella narrazione di questo blocco principale: 1) Narrare la vicenda con la voce del giornalista e un impiego costante delle didascalie; 2) niente voce over e lasciare che le azioni e i personaggi parlino da sé.
Il dubbio sorge principalmente per la differente lunghezza di sceneggiatura che ne deriverebbe a seconda della scelta. Nel primo caso infatti me la caverei con un numero decisamente inferiore di tavole.
Quindi, per adesso, rimango fermo qui, a braccia conserte a scrutare le due strade. E semmai il soggetto dovesse interessare e trovasse di conseguenza una sua collocazione, sceglierò quale strada imboccare per raggiungere la destinazione finale.

Co' che fa rima Letteronza?


Nottataccia.
Sonno frammentario e sogno caotico.
Ho perfino sognato che avevo alle spalle un matrimonio fallito con una letteronza, la meno bella, che si rifiutava di concedermi una sveltina in onore dei bei tempi.
E poi cercavo un disegnatore tra gli schiavi della defilippi.
A chiudere, pisciata liberatoria (nel sogno eh! nella realtà sono perfettamente asciutto grazie ai miei Pampers Ultraman).
Certe notti somigliano alla TV che non vorresti vedere mai.

15/03/07

Per cambiare il mondo. Ma solo se avete lo scontrino.


C'era una volta The Negazine. The Negazine era una webzine che io e altri fantastici individui concepimmo (senza unirci sessualmente) e partorimmo (senza melodrammi e urla di dolore, un parto da veri uomini) alcuni anni fa (più di 3 ormai, cazzarola). Era una webzine rivoluzionaria, probabilmente per questo fallì presto, prestissimo. Comunque, tagliando corto, uno dei tocchi di classe del sito erano gli slogan che apparivano a random ogni volta che veniva caricata una pagina. L'autore principale di queste perle, insieme al sottoscritto, era il buon Kayoken, alias Toru Watanabe, alias Rubens, alias La terza Lecciso, il mio gemello del gol e compagno di comici deliri e piani per la conquista del mondo (presto lo linkerò, anche se non so bene cosa).
Perché tutto questo discorso? Perché ora, per la gioia dei grandi e piccini, vi piazzo qualcuno di quegli inarrivabili slogan!

THE NEGAZINE - Dove l'ironia è di casa ma non paga l'affitto.
- Annuisce quando parlate.
- Ci appassionano i filmati delle vostre vacanze.
- Per gettare un occhio sul mondo e vedere se rimbalza.
- Divertente come il sesso ma senza i preliminari.
- E' da qui che partono tutte le catene di Sant'Antonio.
- Vi farà guadagnare autostima con un sicuro metodo piramidale.
- Dove le idee vanno eroicamente a morire.
- Stava meglio quando si stava meglio.
- Opinioni importanti su cose stupide, riflessioni stupide su cose importanti.
- Vi informa subito se vede vostra sorella in giro con qualcuno.
- Non nega un tozzo di pane agli assetati.
- Vi ama più di vostra madre, ma ama vostra madre più di voi.
- Un magazine operaio.

Alla ricerca del pedale perduto


Ogni tanto arriva un flash dal passato... quelle reminiscenze, frutto della memoria involontaria, su cui Proust passò anni a ragionare e raccontare. Ogni tanto si apre uno squarcio e salta fuori questo frammento di esistenza rimasto sepolto per tanto tempo.
Qualche tempo fa, non so bene cosa stessi facendo o pensando, mi tornò d'improvviso in mente di quando, da bambino, non arrivavo ai pedali. Forse era la mia prima mountain bike, dopo anni trascorsi in sella a una gloriosa bmx blu metallizzato. Ma distintamente ricordai di come spingevo con un piede il pedale, di come si staccava dalla suola per compiere quel mezzo giro basso che le mie gambine corte non potevano accompagnare, mentre l'altro pedale era ben incollato all'altra scarpa... e mulinando furiosamente, un po' sui pedali un po' sul vuoto, in qualche modo sfrecciavo per il cortile ed il quartiere (e qui un altro flusso di ricordi, più consapevole, di inseguimenti e gare spericolate, cadute rovinose e ginocchia sanguinanti...). Ma nella mia mente soprattutto si fermò il ricordo di quando questa felice collaborazione gambetta-pedale andava a monte... il piede appoggiato male, la scarpa che scivola, il pedale che prende la direzione sbagliata e schizza via, terminando il suo giro fulmineo con uno schianto contro il mio stinco. E quel dolore sì che lo ricordo, vivido.
Ecco, forse la mia madeleine è stata una botta allo stinco che ha riacutizzato vecchie ferite, di giorni felici in sella a una bici imbizzarrita.