01/03/12

notte

Sto seduto in una panchina, di notte, in un posto in cui non dovrei stare se avessi un po' di buon senso. Ma non ce l'ho, mai avuto. Sono solo stanco.
Nemmeno so come ci sono arrivato.
La città dorme o così sembra. Ogni tanto si lamenta o urla nel sonno.
Sono in una piccola piazza, buia e sporca. Al centro c'è una brutta fontana con dell'acqua stagnante. Al fianco della piazza scorre un lungo viale che scende dolcemente. Le due file di luci convergono fino a mischiarsi in lontananza. Le luci nei palazzi sono spente. Anche le stelle.
Sento un po' freddo.
Non voglio pensare a niente. Voglio solo guardare il buio. Che il buio mi risucchi i pensieri. Che il silenzio li metta a dormire.
Ma forse non c'è abbastanza buio.
Dei gatti si azzuffano da qualche parte. Tra i palazzi si fa largo la luce lampeggiante di un camion dei rifiuti.
Non c'è mai abbastanza buio, nè abbastanza silenzio.
Non si è mai abbastanza soli.
Grazie a dio.

24/02/12

L'impunità dell'anzianità

Io sono uno che maledice ogni suo compleanno. Per questa infausta occasione solitamente mi lascio scivolare in una calda e accogliente depressione, mi vesto a lutto e faccio sopralluoghi nei cimiteri per scegliere una possibile sistemazione per il mio eterno riposo. Spesso mi trovo a contrattare con gli altri visitatori per ottenere in subaffitto un loculo panoramico. Con poco successo. I parenti dei defunti sono in larga parte gente senza il minimo fiuto per gli affari e molto permalosa. Prendono il possibile trasloco del loro caro estinto come un'offesa personale.

Ma non è di questo che voglio parlare, bensì dei vecchi.
I vecchi sono i veri ribelli e a loro tutto è concesso. Ne ho avuto l'ennesima riprova oggi, quando ne ho incrociato uno in parco intento a tagliarsi le unghie. A me non è mai venuto in mente di tagliarmi le unghie seduto su una panchina pubblica, sotto un placido sole e gli sguardi partecipi dei gabbiani, eppure sembra un ottimo posto per farlo (cos'è che non va in me?)! Il rozzo vecchietto, completamente concentrato nell'opera di manicure, non sembrava curarsi del mondo intorno e delle pallottole vaganti che ogni clunk del suo tagliaunghie sparava nelle vicinanze. Guardavo con inquietudine bambini rincorrersi e giocare senza un pensiero al mondo, immaginando schegge di unghie schizzare verso di loro a folle velocità e conficcarsi nei loro innocenti bulbi oculari, privandoli per sempre della vista.
L'ultima cosa che vedranno sarà l'unghia di un vecchio, pensavo.

Siamo soliti compatire gli anziani, concentrandoci esclusivamente sugli aspetti negativi della loro condizione e ci dimentichiamo dell'incredibile libertà che gli è concessa.
A queste mummie cazzute non frega niente di niente. Possiamo solo invidiare la sfacciataggine con cui i loro occhi lascivi si incollano sui sederi di ogni esemplare femminile di passaggio, fissi e imperturbabili anche quando vengono colti nell'atto. Solo la loro miopia interromperà quel contatto.

Vanno in giro cantando con voce impostata, gradevole come i lamenti di mille gatti in calore, antichi successi del peggio della musica italiana e nessuno sembra farci caso (al massimo solo qualche coraggiosa richiesta di bis si ode levarsi da supporters timidi, mimetizzati con l'arredo urbano).

E le donne, con il vigore dei loro capelli psichedelici che ormai abbiamo imparato a conoscere, segretamente godono della lentezza e l'indecisione con cui svolgono ogni benedetta operazione in qualsiasi contesto della vita civile, si tratti delle Poste, del panettiere o dello spacciatore del quartiere, generando code che fanno impallidire quelle delle autostrade agostane.

E poi, gli impavidi anziani, possono dire quel che vogliono senza temere ritorsioni. Un arzillo vecchietto può fartisi sotto elencando meticolosamente le virtù amatorie di tua madre e tu non puoi farci niente. Perché non si picchiano gli anziani. A meno che non stiano in un ospizio. O a meno che tu stesso non sia un anziano.

Tutto questo per dire che, nonostante il malessere che accompagna l'inarrestabile trascorrere del tempo non mi abbandoni mai, adesso guardo con più fiducia al lontano futuro. Un futuro in cui le mie unghie compiranno parabole mirabili, su verso l'azzurro del cielo e giù negli occhietti dei bimbi felici.

23/02/12

E adesso pedala...

Va bene, d'accordo. Vediamo se mi ricordo ancora come si fa. Batto sui tasti e vengono fuori delle parole. E tutte in fila danno vita a delle frasi. Che non abbiano molto senso non ha importanza, è solo per vedere se sono ancora capace. Come andare in bicicletta. Fa niente se non vincerò mai il Tour o il Giro, almeno faccio un po' di moto e guardo il paesaggio.
Guarda già quante righe, non è poi così difficile. Magari un giorno riuscirò anche a dargli un significato più ampio. E goderne. Mi ricordo quando battere su questi tasti mi faceva felice. Anche se non erano proprio questi tasti, ma non è questo il punto.
Questo è il punto.
.
Questo movimento delle dita può ancora darmi felicità? Intendo questo carezzare e picchiare i tasti, non una strana forma di auterotismo digitale (nel senso di dita).
Ecco mi perdo, non sono ancora pronto. Devo restare sul semplice, pensare in piccolo. Formare delle parole. Ammucchiarle in frasi. Annerire questo bianco. Ritrovare il ritmo.
Anche solo il rumore è bello, un tasto dopo l'altro, clic clic clic. Magari un giorno riuscirò anche a comporre una melodia con questi clic. Ma non oggi. Non ora.
Ora è solo questione di ritmo.
Di sciogliere i muscoli.
Di ricominciare.
Pedalare piano e guardare il paesaggio.