Aveva sognato di aver scritto una bella storia. E qualcuno l'aveva disegnata e qualcun altro l'aveva pubblicata. E siccome ognuno aveva fatto un bel lavoro, nel complesso era venuta fuori una cosa bellissima.
Era una storia in bianco e nero, anzi grigia, che partiva forte e poi rallentava, ché ad andare al massimo tutto il tempo ci si stanca, ché dopo il rock and roll metti su il lento, riprendi fiato, bevi una cosa, ti butti su una sedia e non ti alzi più.
Partiva forte e poi rallentava sempre più. Una cosa che non si fa, ma nel sogno funzionava, lì tutto è permesso.
Il sogno è tuo ma non lo controlli, va dove vuole, dove gli pare. E' l'autista schizofrenico della tua limousine. Ti metti a sedere dietro e lui ti fissa dallo specchietto retrovisore.
Facciamo un giro, dice. Se lo goda.
Ogni volta la stessa storia. Non sai mai se sarà una passeggiata tranquilla o eccitante o monotona o da farsela addosso, da "Fermati! Voglio scendere!", da buttarsi giù in corsa alla prima curva lenta, col cuore in gola e gli occhi fuori dalle orbite.
Sai solo che lui è sempre lì, al suo posto dietro il volante, e tu sei contento di non viaggiare solo.
Comunque ricordava di aver fatto questo sogno bellissimo su questa storia bellissima che aveva scritto e nient'altro. I muratori sulle impalcature si erano messi a battere e lui si era svegliato.
Un'impalcatura non è il posto più adatto per battere, pensò tra un'imprecazione e l'altra. Soprattutto con questo caldo.
Infatti faceva molto caldo e il pensiero di un qualsiasi sforzo fisico lo faceva stare male.
Nei suoi sogni raramente faceva caldo e di sicuro non esistevano muratori. Non ne aveva mai incontrati. Probabilmente stavano tutti nei sogni delle sue vicine di casa.
Le vicine sognavano muratori patinati con indosso solo il casco giallo e la cintura degli attrezzi. In quei sogni faceva caldo. Lui ne restava fuori volentieri.
Ne aveva fatte delle belle per conto suo. Le sue compagne di classe, ad esempio. Nei sogni erano belle e disponibili e sul sedile della limousine c'era posto per tutte. Nei sogni, i sedili in pelle non s'appiccicano al corpo e non fanno sudare. Certe corse erano talmente ricche di scossoni e sobbalzi che di colpo si ritrovava sveglio, stordito e confuso, ma piuttosto felice.
Anche quest'ultima storia della storia bellissima che finiva piano, tuttavia, lo aveva soddisfatto. Un tepore discreto che scivola giù dentro il petto come un liquore, prima di disperdersi.
E adesso era di nuovo lui in controllo.
I muratori picchiavano a intermittenza. Di tanto in tanto sbraitavano. Qualcuno accennava una canzone napoletana ma non durava più di una strofa. Si prendevano delle lunghe pause tra una serie di colpi e l'altra. Martellare stanca.
Accese il ventilatore e si mise a fissarlo.
Doveva affrontare molte ore di caldo prima del prossimo giro.
Era una storia in bianco e nero, anzi grigia, che partiva forte e poi rallentava, ché ad andare al massimo tutto il tempo ci si stanca, ché dopo il rock and roll metti su il lento, riprendi fiato, bevi una cosa, ti butti su una sedia e non ti alzi più.
Partiva forte e poi rallentava sempre più. Una cosa che non si fa, ma nel sogno funzionava, lì tutto è permesso.
Il sogno è tuo ma non lo controlli, va dove vuole, dove gli pare. E' l'autista schizofrenico della tua limousine. Ti metti a sedere dietro e lui ti fissa dallo specchietto retrovisore.
Facciamo un giro, dice. Se lo goda.
Ogni volta la stessa storia. Non sai mai se sarà una passeggiata tranquilla o eccitante o monotona o da farsela addosso, da "Fermati! Voglio scendere!", da buttarsi giù in corsa alla prima curva lenta, col cuore in gola e gli occhi fuori dalle orbite.
Sai solo che lui è sempre lì, al suo posto dietro il volante, e tu sei contento di non viaggiare solo.
Comunque ricordava di aver fatto questo sogno bellissimo su questa storia bellissima che aveva scritto e nient'altro. I muratori sulle impalcature si erano messi a battere e lui si era svegliato.
Un'impalcatura non è il posto più adatto per battere, pensò tra un'imprecazione e l'altra. Soprattutto con questo caldo.
Infatti faceva molto caldo e il pensiero di un qualsiasi sforzo fisico lo faceva stare male.
Nei suoi sogni raramente faceva caldo e di sicuro non esistevano muratori. Non ne aveva mai incontrati. Probabilmente stavano tutti nei sogni delle sue vicine di casa.
Le vicine sognavano muratori patinati con indosso solo il casco giallo e la cintura degli attrezzi. In quei sogni faceva caldo. Lui ne restava fuori volentieri.
Ne aveva fatte delle belle per conto suo. Le sue compagne di classe, ad esempio. Nei sogni erano belle e disponibili e sul sedile della limousine c'era posto per tutte. Nei sogni, i sedili in pelle non s'appiccicano al corpo e non fanno sudare. Certe corse erano talmente ricche di scossoni e sobbalzi che di colpo si ritrovava sveglio, stordito e confuso, ma piuttosto felice.
Anche quest'ultima storia della storia bellissima che finiva piano, tuttavia, lo aveva soddisfatto. Un tepore discreto che scivola giù dentro il petto come un liquore, prima di disperdersi.
E adesso era di nuovo lui in controllo.
I muratori picchiavano a intermittenza. Di tanto in tanto sbraitavano. Qualcuno accennava una canzone napoletana ma non durava più di una strofa. Si prendevano delle lunghe pause tra una serie di colpi e l'altra. Martellare stanca.
Accese il ventilatore e si mise a fissarlo.
Doveva affrontare molte ore di caldo prima del prossimo giro.