05/09/14

Gli psicologi hanno tutti la figa


Ma dove sono finiti gli psicologi uomini? Che io conosco un sacco di psicologi femmine, che per comodità chiameremo psicologhe, e nemmeno uno maschio.
Che se uno di un istituto di ricerca di, mettiamo, Torino, mi telefonasse a casa e dicesse: “Salve, sono Mario dell'Istituto di ricerca di Torino. Potrebbe concedermi due minuti del suo tempo per rispondere a qualche domanda sul sesso degli psicologi?”, io risponderei: “Certo Mario, mi interessa molto l'argomento, sono a sua disposizione.”
“Grazie. Tra tutti gli psicologi che lei conosce personalmente, facendo una stima approssimativa, che percentuale è di sesso maschile?”
“0%”.
“Ha detto zero?”
“Sì, zero percento”.
“Bene. E, sempre facendo una stima approssimativa, che percentuale indicherebbe come di sesso femminile?”
“Uhmmm, mi faccia pensare un attimo... Direi il 99%”.
“Novantanove? Ne è sicuro?”
“Ce n'è una che ha un po' di baffetti... No, sa cosa le dico Mario? Segni 100. Cento percento”.
“Benissimo, 100. La ringrazio per il suo tempo.”
“Di nulla. Però Mario...”
“Sì? Mi dica.”
“Io al posto suo, comunque, chiamerei anche qualcun altro, ché magari ce n'è di maschi, solo che io non ne conosco.”
“No, ma infatti era proprio questa la mia intenzione.”
“Ah, apposto allora. La saluto.”
Non vorrei essere io a far sballare la statistica ma per quanto ne so ormai esistono solo psicologhe. E non so se è un bene. Tutte bravissime eh, ma prendiamo il caso particolare di un tizio. Lo chiameremo Sigmund, in onore di coso, lì, come si chiama... Sigmund Haringer, difensore del Bayern Monaco dal 1928 al 1934.
Sigmund è stato appena mollato dalla fidanzata, Greta. È disperato, non esce più di casa, ascolta Umberto Tozzi, ascolta Cocciante, fa molti pensieri brutti e non solo a causa della musica che ascolta. Gli amici dicono: “Dai Sigmund, ci sono tanti pesci nel mare” che è una di quelle frasi del cazzo che si possono accettare solo da un cameriere, durante un pranzo al ristorante.
“Scusi, c'è la sogliola?”
“No, mi spiace. Ma ci sono tanti pesci nel mare. Ed infatti oggi abbiamo la spigola.”
“Ottimo, me ne porti una.”
Un altro amico di Sigmund, Carl Gustav, un tipo più pratico, lo chiama: “Forza Sigmund, devi scuoterti! Stasera usciamo. Andiamo a puttane.”
Ma Sigmund sta troppo male, non se la sente, e poi ha solo trenta euro con cui deve tirare fino lunedì.
Soffre Sigmund, deperisce e finalmente un giorno si guarda allo specchio e capisce che ha bisogno di aiuto. Un aiuto professionale.
Cerca “Psicologo” sulle pagine gialle. Oh, ce ne fosse uno maschio.
Vabbè, si dice, proviamo questa.
Così Sigmund entra in cura dalla dottoressa Inga ed all'inizio è tutto un Greta di qua, Greta di là, io non ce la faccio, io mi ammazzo.
E la dottoressa Inga, Ma no Sigmund, vedrai che ce la fai, vedrai che non ti ammazzi, ci rivediamo martedì alle 17.
E così per settimane, poi mesi, finché Sigmund non comincia a parlare sempre meno di Greta e sempre più di altri problemi, di altri pensieri, di sé stesso, e la dottoressa Inga, con le gambe accavallate, annuisce e scrive. Tanto che un bel giorno Sigmund si rende conto che Greta quasi non la ricorda più, anzi, se ne sbatte proprio il cazzo. E la dottoressa Inga gli dice: “Sigmund, sei guarito.”
E Sigmund, con gli occhi lucidi, dice: “Grazie! Grazie infinite! Dottoressa, finalmente posso dirglielo. Posso confessare!”
“Cosa Sigmund?”
“Inga, io ti amo!”
“E no Sigmund, non è possibile, mi spiace. Deontologia professionale.”
“Ma... ma io ti amo Inga! Io non posso più vivere senza di te.”
“Ascoltami Sigmund, quello che credi di provare è solo un costrutto della tua psiche, una normale reazione a un rapporto prolungato, un comunissimo transfert. E poi, tra l'altro, a me piacciono le donne.”
“Ma...
“Tieni, ti do il numero di una mia collega che può esserti d'aiuto, la dottoressa Hilde. Chiamala appena torni a casa.”
E invece appena torna a casa Sigmund chiama Carl Gustav e vanno a puttane.

04/09/14

Jesus, etc.

Ci sono delle volte in cui mi trovo in auto, vicinissimo a casa e parte una canzone bellissima. Arrivo al cancello automatico, premo il tasto del telecomando, entro nel parcheggio e mi infilo al mio posto. E c'è la canzone bellissima che va ancora. E quello è un problema. Spengo il motore ma non giro completamente la chiave ché altrimenti si spegne anche l'autoradio e io non posso spegnere l'autoradio finché c'è la canzone bellissima che va. No, io resto seduto nell'auto ferma, che sia notte o giorno, e aspetto che la canzone bellissima finisca. Allora sì, sono libero.
Ad esempio oggi, arrivo al cancello e parte "Jesus,  etc." dei Wilco, che non è una canzone religiosa, ma è una canzone bellissima che parla di due persone che si amano nonostante lei usi metafore insensate e a lui questa cosa non vada del tutto giù, ma siccome in fondo la ama le dice "No, non piangere, guarda, hai ragione tu, le stelle sono soli che tramontano, anzi, stai a sentire..." e comincia a dire una serie di metafore che non stanno né in cielo né in terra e allora si capisce che è amore vero. Che sono secoli che i poeti si sbattono per farci capire cos'è l'amore e va a finire che è una metafora sbagliata, vabbé.
Insomma, si apre il cancello, parte la canzone e appena la riconosco so che non potrò mettere piede a terra finché non sarà finita.
Spengo il motore. Sul tetto della macchina a fianco alla mia, una vecchia 2cavalli semiabbandonata, riposano mamma gatta e figlio. Questi gatti stanno sempre in zona a sonnecchiare e mi stanno un po' antipatici. A volte decidono di sdraiarsi proprio nel bel mezzo del mio posto riservato e anche se il veicolo si fa incombente loro non si spostano, restano lì a sfidarmi con una raffica di sbadigli. Allora devo scendere dall'auto e andargli incontro minaccioso emettendo rumori sconosciuti in natura, così capiscono che il posto è riservato e si tolgono dalle palle. Ecco perché questi gatti mi stanno quasi sempre antipatici.
Comunque, ho parcheggiato, ho spento il motore e sul tetto della 2cavalli stanno i due gatti sdraiati, dandomi le spalle. Il micio, che stava accoccolato sulla madre, si sveglia, alza la testa e si guarda intorno, si gira di qua e di là. Poi finalmente mi vede, dietro al finestrino. Ci guardiamo negli occhi. Il micio ha il respiro accelerato, mi sa che non si aspettava di vedermi lì.
"Jesus, etc." riempie l'abitacolo, io e il gatto continuiamo a fissarci negli occhi. A poco a poco il suo respiro rallenta e forse anche il mio. Oggi non mi sta antipatico, sarà la musica. Sembra quasi normale stare così, pupille nelle pupille e aspettare che i Wilco finiscano di dire quello che hanno da dire, che sono cose bellissime, fidatevi. Il micio si rilassa così tanto che in un paio di occasioni fatica a tenere gli occhi aperti, pare quasi stia per addormentarsi. Poi però li riapre e me li riappiccica addosso, forse non si fida. Stiamo così, fermi, per un'eternità, che poi non è vero perché la canzone dura poco meno di 4 minuti.
Arrivano le note finali, il micio si volta e torna ad accomodare la testa sul fianco della madre. Mi ha già dimenticato.
La canzone bellissima evapora. Spengo la radio. Però non riesco ad aprire lo sportello e scendere. Non so bene perché. Oltre il parabrezza c'è solo un muretto di cemento grigio e più in là solo palazzi di merda, non c'è mica qualcosa di bello da vedere. Però devo restare lì ancora un po'.
Poi, alla fine, ce l'ho fatta.