25/06/07

Non importa dove


Aveva sognato di aver scritto una bella storia. E qualcuno l'aveva disegnata e qualcun altro l'aveva pubblicata. E siccome ognuno aveva fatto un bel lavoro, nel complesso era venuta fuori una cosa bellissima.
Era una storia in bianco e nero, anzi grigia, che partiva forte e poi rallentava, ché ad andare al massimo tutto il tempo ci si stanca, ché dopo il rock and roll metti su il lento, riprendi fiato, bevi una cosa, ti butti su una sedia e non ti alzi più.
Partiva forte e poi rallentava sempre più. Una cosa che non si fa, ma nel sogno funzionava, lì tutto è permesso.
Il sogno è tuo ma non lo controlli, va dove vuole, dove gli pare. E' l'autista schizofrenico della tua limousine. Ti metti a sedere dietro e lui ti fissa dallo specchietto retrovisore.
Facciamo un giro, dice. Se lo goda.
Ogni volta la stessa storia. Non sai mai se sarà una passeggiata tranquilla o eccitante o monotona o da farsela addosso, da "Fermati! Voglio scendere!", da buttarsi giù in corsa alla prima curva lenta, col cuore in gola e gli occhi fuori dalle orbite.
Sai solo che lui è sempre lì, al suo posto dietro il volante, e tu sei contento di non viaggiare solo.
Comunque ricordava di aver fatto questo sogno bellissimo su questa storia bellissima che aveva scritto e nient'altro. I muratori sulle impalcature si erano messi a battere e lui si era svegliato.
Un'impalcatura non è il posto più adatto per battere, pensò tra un'imprecazione e l'altra. Soprattutto con questo caldo.
Infatti faceva molto caldo e il pensiero di un qualsiasi sforzo fisico lo faceva stare male.
Nei suoi sogni raramente faceva caldo e di sicuro non esistevano muratori. Non ne aveva mai incontrati. Probabilmente stavano tutti nei sogni delle sue vicine di casa.
Le vicine sognavano muratori patinati con indosso solo il casco giallo e la cintura degli attrezzi. In quei sogni faceva caldo. Lui ne restava fuori volentieri.
Ne aveva fatte delle belle per conto suo. Le sue compagne di classe, ad esempio. Nei sogni erano belle e disponibili e sul sedile della limousine c'era posto per tutte. Nei sogni, i sedili in pelle non s'appiccicano al corpo e non fanno sudare. Certe corse erano talmente ricche di scossoni e sobbalzi che di colpo si ritrovava sveglio, stordito e confuso, ma piuttosto felice.
Anche quest'ultima storia della storia bellissima che finiva piano, tuttavia, lo aveva soddisfatto. Un tepore discreto che scivola giù dentro il petto come un liquore, prima di disperdersi.
E adesso era di nuovo lui in controllo.
I muratori picchiavano a intermittenza. Di tanto in tanto sbraitavano. Qualcuno accennava una canzone napoletana ma non durava più di una strofa. Si prendevano delle lunghe pause tra una serie di colpi e l'altra. Martellare stanca.
Accese il ventilatore e si mise a fissarlo.
Doveva affrontare molte ore di caldo prima del prossimo giro.

21/06/07

Tutto è già stato scritto, a volte capita, le note sono sette e io sono in malafede...

...ma il ritornello dell'ultimo capolavoro di Zucchero, "Un kilo", mi ricorda tanto tanto le strofe di "Climbing up the walls".
Non importa se sia vero. Dovevo liberarmi di questo peso.

Leddura


Arriva l'estate (anche se ne avrò la certezza solo dopo aver visto il nuovo spot dei solari Bilboa... ancora niente, fatemi sapere se lo avete avvistato) e non c'è niente di meglio per intrattenerci sotto l'ombrellone di un bel romanzo refrigerante, o del campionato mondiale di beach volley femminile nudista.
Io leggo un romanzo.
Il punto è che si tratta di "V.", di Thomas Pynchon, un autore che richiede un discreto sforzo di concentrazione già solo per leggerne il nome, un genio indiscusso che è tra le prime cause di ictus per coloro che la medicina definisce "miseri mortali".

[i geni indiscussi alla fine sono sempre i più discussi... quelli che vengono considerati intoccabili, che tutti esaltano e lodano, e se c'è qualcuno che non apprezza sta in silenzio e fa un passo indietro, non lo fa notare... finché non giunge un temerario che in tutta sincerità riveli: "a me sto genio indiscusso fa cagare" e le dighe crollano, il fiume sommerso di detrattori affiora e straripa sommergendo il genio indiscusso con valanghe di fango... da genio a stronzo è un attimo]

Tempo fa ho affrontato "L'arcobaleno della gravità" con la stessa consapevolezza e lucidità dello scimmione di 2001 al cospetto del monolito.
Insomma, Pynchon non è la tipica lettura estiva e probabilmente arriverò a voltare la 587sima pagina tra qualche mese. Ma il problema non è Tommy (adora quando lo chiamo così). Il problema, come sempre, sono io.
Da quando ho imparato a leggere, ho cominciato a divorare libri. Ottimi con un filo d'olio e aceto, ma quelli con la copertina rigida vanno lasciati a macerare per almeno 24 ore. Non ero comunque un piccolo emulo di Leopardi, ma un comune bimbo dalle ginocchia sanguinanti con una spiccata predisposizione per l'arrampicata libera sugli alberi. A differenza dei miei compagnucci di giochi, però, non disdegnavo le belle letture.
Nel corso degli anni i libri sul comodino si sono succeduti senza sosta. Ma se all'apice della mia fame letteraria non faticavo a mandar giù un libro in un sol boccone, in poche ore, progressivamente i tempi sono tornati ad allungarsi, le occasioni di lettura a diradarsi, i libri ad impolverarsi. Ho subito un'involuzione, e non ho nemmeno la scusante della mancanza di tempo. La mia mente, come tutta la mia persona, si è impigrita. Mi ritrovo anch'io schiavo dei piaceri più vacui, dei passatempi più spicci. Un imbarbarimento irreversibile.
Di questo passo potrei tramutarmi in spettatore della De Filippi. Se ciò dovesse accadere, invocherò l'eutanasia. E in questo caso anche la Chiesa approverebbe.
Mi chiedo: se perfino una mente illuminata come la mia, esposta durante tutto il suo sviluppo ai raggi più splendenti del sole della letteratura (...eh?), una mente brillante, fulgida, destinata a spazzare via per sempre le ombre dell'ignoranza e dell'inciviltà per inaugurare un nuovo Rinascimento (Ririnascimento o Rinascimento Bis), se anch'essa ora ha tirato le tende ed è piombata nell'oscurità, avvizzendo rapidamente come un uccello esposto al freddo vento dicembrino (!), SE CIO' DUNQUE E' ACCADUTO A ME, CON TERRORE MI DOMANDO, CHE SPERANZE CI SONO PER I GGIOVANI DI LUCIGNOLO?

19/06/07

12 uomini arrabbiati


A New York fa un caldo boia e nella camera di consiglio non si respira granché. Ma grazie a dio il caso è semplice, il ragazzo è sicuramente colpevole dell'omicidio del padre, le prove e le testimonianze sono schiaccianti e in poco tempo si dovrebbe riuscire a chiudere la faccenda.
Insomma, c'è qualcuno tra i 12 giurati che ritiene l'imputato non colpevole?
Uno.

Io non adopero spesso il termine "capolavoro", perché ormai non è che valga poi molto. Quando lo uso è perché ci credo. "12 angry men" è il debutto alla regia di Sidney Lumet ed è un capolavoro. Non solo per la sua sostanziosa valenza etica, per il ritratto del sistema giuridico statunitense che ha nel suo aspetto più democratico, la giuria popolare, una lama a doppio taglio. Ma anche per il suo equilibrio stilistico, la compostezza che fa da contraltare agli scontri sempre più accesi e violenti, per l'occhio lucido che, senza assalirli, senza invaderli, scruta dentro gli animi di 12 uomini incaricati di decidere della vita, della morte, di un loro simile.
I personaggi sono caratterizzati in maniera eccelsa fin da subito, attraverso dialoghi e atteggiamenti che li rendono umani e non macchiette. Le interpretazioni degli attori sono perfette (anche se ho il rammarico di non aver visto il film in lingua originale, bensì la versione italiana che va sotto il titolo di "La parola ai giurati").
Tutto questo, e probabilmente tanto altro, fa di questo film del 1957 un capolavoro.
Un film che nessuno potrebbe fare oggi.

13/06/07

Da grande


- E tu cosa vuoi fare da grande?
- L'edicolante.
Io rispondevo così.
Già allora, tra lo stuolo di aspiranti aviatori e calciatori, io mi distinguevo per la mia incolmabile amibizione e smisurata autostima.
Ma ci credevo davvero. Da bimbo ingenuo non riuscivo ad immaginare un mestiere più bello. Tutto il giorno seduto, tranquillo, tra centinaia di fumetti e altre cose da leggere. Impossibile annoiarsi o stancarsi. Ed ancora non avevo scoperto i porno...
Ero solo un po' preoccupato per la mancanza del bagno, ma fiducioso di poter resistere.
Non consideravo i lati negativi, le levatacce, l'esposizione alle intemperie e alle bizze del tempo, lo smog, il pensionato che sfoglia il giornale commentando ogni singola notizia e alla fine non lo compra, gli ingombranti allegati alle riviste e ai quotidiani (proprio qualche giorno fa, in un'edicola qui vicino, l'allegato de "Il mio cane" è fuggito, finendo schiacciato sotto una macchina).
No, l'edicola era un paradiso.
Adesso che mi conosco bene, credo che già allora covassi l'aspirazione, comune alla maggioranza degli italiani, del fancazzismo remunerato. Ero ignaro che una tale occupazione esistesse davvero, sotto il nome di "impiegato comunale". Essere mitologico metà uomo, metà sedia girevole a rotelle.

E tu, cosa volevi fare da grande?

09/06/07

Dejà-vu mi piaci tu... ma or non più, ma or non più


La cosa che più mi è rimasta impressa della saga di Matrix è un particolare, ininfluente a fini dell'intreccione globale della trilogia, una cosa buttata lì da qualcuno (probabilmente il tizio nero pelato) forse nel primo film (sì, è la cosa che più mi è rimasta impressa e in realtà non ricordo assolutamente niente). Ad un certo punto, tra un'aforisma esistenzialista e una piroetta a rallentatore (tutte cose che all'epoca apprezzai molto, come tutti...) il pelato spiegava che i dejà-vu non sono altro che "errori del sistema".
Ora, io sono da sempre un grande fan del dejà-vu, è uno di quei fenomeni inspiegabili, come la persistenza in tv di Luca Giurato o l'incontestabilità del clero, che mi lasciano regolarmente a bocca aperta. Quando sperimento un dejà-vu devo fermarmi a contemplare per mezzora le punte delle scarpe. Non sono capace di fare spallucce e proseguire a far ciò che stavo facendo (probabilmente nulla) come se niente fosse.
No, resto un po' sconvolto e stordito come Flavia Vento.
Tutto questo fino a oggi, perché adesso il mistero del dejà-vu è stato svelato. Purtroppo.
Per i dettagli vi rimando all'articolo, ma il succo è che il nostro cervello è bacato (quindi il matrixiano non c'era andato troppo lontano).
Ora, io sono da sempre un grande fan del dejà-vu.
Col passare degli anni mi faccio sempre più scettico e realista. Anche cinico, temo.
Ogni tanto mi capita di essere attratto dalle teorie sui fenomeni misteriosi, quelle storielle su cui le trasmissioni pseudoscientifiche imbastiscono puntate su puntate. Cose del tipo "I cerchi del grano sono messaggi alieni" (ma telefonare no? adesso se entrate nella tim tribù avete pure le vitamine!) o "Il Triangolo delle Bermuda è un varco per una dimensione alternativa" (una dimensione in cui Luca Giurato e Flavia Vento si sono accoppiati generando il nuovo Messia).
Ora, io sono da sempre un grande fan del dejà-vu.
Esso rappresentava l'unico fenomeno misterioso egualitario, trasversale, alla portata di tutti. E speravo davvero che significasse qualcosa, che avesse un senso profondo, che fosse un piccolo assaggio di qualcosaltro fuori dalla nostra portata, al di là delle nostre attuali possibilità.
Ora, io sono da sempre un grande fan del dejà-vu.
Ma adesso so. So che non è altro che un bug, un cortocircuito, un difetto. La scienza lo ha spiegato. E sono sicuro che presto altri fenomeni considerati sovrannaturali verranno svelati.
Tipo il singhiozzo.

04/06/07

Uno su due


Spero che il mio sosia se la stia cavando meglio.
Spero sia uno attivo, uno che fa. Qualcosa. Qualsiasi.
Spero che tenga alto l'onore della nostra faccia di cazzo. Che sia nera, rossa, gialla o pallida come la mia non importa, basta che sia più sorridente e soddisfatta.
Spero che in questo momento non stia pensando a niente e se la stia godendo, ovunque sia. Che se la goda, non per forza ai livelli di un Hugh Hefner, ma almeno il giusto.
Che abbia l'agenda piena e se ne fotta degli impegni. Agenda piena e coscienza libera.
Che faccia, ma con calma, senza fretta, arrivi in ritardo e nessuno glielo faccia notare ma anzi lo accolgano con entusiasmo e pacche sulle spalle. Che si metta in testa al branco. Che proponga con un sorriso, che magari a lui viene bene, e a tutti gli altri venga naturale dire ok, certo, splendido, ottima idea.
Spero sia un figlio di buttana, una simpatica canaglia, un inguaribile mascalzone. Privo di dubbi. Uno che si fa scivolare via le cose storte in un attimo, con una scrollatina di spalle. Che non rimugini e dopo un minuto abbia già dimenticato tutto.
Spero che oggi si sia svegliato col sole, sia uscito sul terrazzo a respirare un'aria pulita, a guardare il mare azzurro e le bagnine bionde e prosperose sulla spiaggia. Spero sia uscito di casa, cantando allegro, strizzando l'occhio alla vicina sexy, rispondendo ai saluti della gente del quartiere, attraversando la strada diretto al bar. Senza vedere il furgone volkswagen variopinto procedere alla giusta ma fatale velocità, se non all'ultimo istante. Sufficiente a fargli sparire quel cazzo di sorriso da quella cazzo di faccia. La mia.