11/12/08

Oggi c'è un vento così forte che farebbe volare perfino l'Alitalia

Oggi il vento fa sul serio, sradica alberi e manda i vetri delle finestre in frantumi. Non c'è mai stato un vento così forte da queste parti, credo di poterlo affermare con una certa sicurezza, dato che è la prima volta che vedo un albero di 10 metri strappato al terreno e riverso al suolo. Il gigantesco e vecchio abete, che mi proteggeva alla vista dei passanti, adesso giace sconfitto nel giardino del condominio, lasciandomi esposto e indifeso. Dovrò mettere delle tende.
È pericoloso uscire fuori, soprattutto per chi ha il parrucchino. Stormi di toupè si dirigono verso nord.
Le folate sono così forti che, non solo pisciare, ma anche avere un'erezione controvento è praticamente impossibile.
Gli installatori di antenne paraboliche si fregano le mani pensando a domani.
Penso a tutta la gente costretta ad uscire di casa con un vento come questo. Quelli che decidono che non è il caso di prendere il deltaplano e aspettano l'autobus. Penso alle donne incinta che indossano la gonna e al pargolo che portano in grembo che si chiede come mai oggi c'è tutta questa corrente d'aria.
Penso agli impianti eolici, che non abbiamo e mi girano le pale.
Penso al mio amico ausiliario del traffico. E rido.

29/11/08

Don't fear the reaper

Essere svegliato da veementi urla isteriche alle 7:30 di sabato mattina è irritante. Vengono dal piano di sotto. La figlia 44enne minaccia i suoi anziani genitori di morte.
"Vi ammazzo! Vi ammazzo!" grida, ma nella sua voce c'è più disperazione che rabbia. Sbraita "Levati! Lasciami stare" e allora capisco che non ha intenzione di ucciderli davvero, altrimenti direbbe "Vieni qui! Vieni che ti ammazzo!" o, ancora meglio, "Vieni, non ti faccio niente..." magari con voce bassa e tono rilassato. Ma in questo caso non sentirei nulla e starei ancora dormendo.
Un doppio omicidio silenzioso sarebbe la scelta perfetta, soprattutto nei miei riguardi. Ho dormito cinque ore. Mi rigiro nel letto per un po', sperando di perdere conoscenza, ma non c'è niente da fare. Giù urlano ancora però non odo più accenni a morte violenta o spargimenti di sangue. Purtroppo.
La figlia dei vicini del piano di sotto ha 44 anni (lo apprendo adesso, grazie alle sue grida angosciose a proposito della sua vita rovinata) e tutta la mia comprensione. Sua madre è un donnone, taglia 20 di reggiseno, ex-professoressa, che ogni mattina, da decenni, affronta lunghi tour a piedi per rovistare nei cassonetti della città. Non avete idea delle leccornie che si possono trovare nella spazzatura. Neanche io ce l'ho e spero di non averla mai. Questa infaticabile e squilibrata donna è solita sbraitare contro il marito, il Professore. Lui è un uomo alto, ingobbito, malvagio. Era l'incubo dei bambini del palazzo, quello che sequestrava palline e palloni, che ci urlava contro (evidentemente è una caratteristica di famiglia), che protestava vibratamente con i nostri genitori. Inoltre da sempre ritiene di essere, per evidente diritto divino, il Sovrano del condominio, a cui è concessa ogni libertà infischiandosene del parere dei sudditi. L'Imperatore Professore può far abbattere alberi, cambiare serrature, occupare posti auto ed espandere il suo regno. Mastica amaro e sputa veleno di fronte alle proteste della plebe.
Il Professore è vecchio, è sempre stato vecchio, e già da bambino avevo l'impressione che uno con quella schiena ricurva, piegata dall'odio che porta ostinatamente e orgogliosamente sulle spalle, non potesse campare a lungo. Soprattutto nutrendosi di cibo raccolto dall'immondizia. Ancora oggi continuo a ripetermelo. Eppure lui e la sua consorte resistono, giorno dopo giorno, tenuti in piedi dal reciproco livore.
Io mi agito sotto le coperte, mi appiccico al cuscino. E prego che la loro figlia 44enne si decida a passare dalle parole ai fatti.

04/11/08

Live from Mountpeas... Is Election Day!



Che dire di questi americani, con la loro stupida informazione indipendente e libertà di parola? Nella loro lunghissima corsa alla Casabianca i candidati alla presidenza e le loro squadre hanno dovuto affrontare interviste con giornalisti veri che pongono domande vere, dibattiti in cui ogni loro gesto e parola è stato analizzato al microscopio di centinaia di commentatori e, cosa più incredibile, passare sotto il fuoco di fila della satira statunitense. Il baraccone elettorale nordamericano parte da lontanissimo e pare non fermarsi mai, alzando ogni sorta di lurido polverone e schizzando rifiuti liquidi al proprio passaggio. I comici sono lì a dare un po' di ristoro alla mente logorata di Joe Sixpack the Plumber, mettendo i politici sotto un'altra luce, più essenziale. Se Saturday Night Live ha da una parte messo in risalto i tic e i comportamenti più assurdi dei candidati, trovando il jolly in una Tina Fey più credibile della stessa Sarah Palin, dall'altra li ha resi più amabili, con la partecipazione dei veri McCain e Palin in alcuni sketch. Da 35 anni questo storico e, alle origini, innovativo programma, è fedele alla sua formula collaudata, con alti e bassi soprattutto sul fronte degli autori (e questo non sembra essere uno degli anni migliori) ma pescando soprattutto dei talenti comici destinati a imporsi. Nel cast attuale sembra mancare il mattatore carismatico, anche se la dotatissima Kristen Wiig ha le capacità per affermarsi.
La vera prova del fuoco per i candidati arriva con i talk show e 15 minuti al Late Show di David Letterman possono scorrere via piacevolmente o essere una tortura, come ha scoperto McCain alla sua ultima partecipazione. Infatti, dopo aver dato buca a Letterman adducendo come scusa la grave crisi economica che affligeva il paese per poi essere sorpreso a registrare un'intervista con CBS News (ma che diavolo avevano in mente?! fare la corna al vecchio Dave...), il canuto senatore è stato fatto a pezzi sera dopo sera, monologo dopo monologo da Letterman, fino al suo ritorno arrendevole nello show, in cui ha dovuto ammettere con la coda tra le gambe: "I've screwed up!" (Ho fatto una cazzata). Ve lo immaginate Berlusconi farsi piccolo e umile di fronte all'ira di Fabio Fazio? Già.
Letterman è il re dei talk-show d'intrattenimento, indipendente, equilibrato, rispettato, con un'ottima squadra di autori. Ma un programma che va in onda per anni, 5 giorni a settimana, non può ovviamente prescindere dalla brillantezza degli ospiti. Ecco perché vedere i candidati su quelle poltrone diventa una prova interessante. Il senso dell'umorismo è qualcosa che non puoi inventare o simulare. Il senso dell'umorismo è sintomo d'intelligenza. Se la tua idea di divertimento è fare le corna dietro la testa di un altro capo di stato o mimare una scarica di mitra su una giornalista, be', nominare Alvaro Vitali Ministro degli Interni Visti Attraverso Il Buco della Serratura potrebbe avere una sua logica. Intanto un Obama dall'aria distesa palleggia sciolto e non sbaglia un colpo nei suoi scambi con Letterman, Leno, Kimmell, suscitanto risate genuine nel sempre entusiasta pubblico miricano. Ma neanche il suo vetusto concorrente sfigura, compensando i suoi non fulminei riflessi con assortimento di facce buffe eredità del cinema muto e qualche battuta di repertorio.
Sembra non esserci limite alla libertà di manovra che hanno i comici nei media statunitensi, anche casi estremi come lo scandaloso Bill Maher che (grazie a dio... uhm, no, non grazie a lui...) è sempre al suo posto, suscitando l'indignazione di ogni credente e religioso del globo e l'ira dei repubblicani. Maher è decisamente un tipo senza peli sulla lingua ma quello che più colpisce un provinciale come me è l'assenza di conseguenze a certe sue dichiarazioni, come "She is a moron", "Wow, she is really stupid" e "Americans have finally found someone dumber than they are" tutte riferite alla sexy hockey mom Sarah Palin e ai suoi fan. La coraggiosa scelta della Palin come vicepresidente si è rivelata ben presto idiota e probabilmente (come tutti i sani di mente sperano) un decisivo autogol.
Insultare l'attuale Presidente è invece pratica comune e non comporta alcun rischio, data l'incontrovertibile evidenza dei fatti. Così, sempre Maher, può indicare George W. come un ritardato e perfino Letterman non esita a chiamare l'uomo più potente del mondo "a moron" (Cosa significa "moron"? The Urban Dictionary recita come prima accezione: "Sinonimo di George W Bush". Dunque...)
Insomma, per quanti difetti abbia il sistema americano, nessuno è intoccabile e non c'è un giorno in cui non sia sotto esame (non che questo implichi per forza un qualche cambiamento o ribaltone ma, hei, è gia qualcosa...)
Ovviamente nel nostro belpaese non avremo mai niente di tutto questo. La sudditanza nei confronti del potente è incisa nel dna dell'italiano, il solo fatto di vederne la faccia su un manifesto lo rende superiore a noi. Nei tg i politicanti non rispondono ad alcuna domanda ma rilasciano dichiarazioni. Ogni giorno assistiamo alla sfilata delle solite facce che fissano la telecamera e ci dicono quanto sono bravi e quanto sono cattivi quegli altri.
E poi non abbiamo un Letterman, un Leno, un O'Brien, un Kimmell. Non che sia fondamentale, eh, sia ben chiaro. Abbiamo ben altri problemi. Ma non ci sputerei sopra. In Italia non c'è una grande tradizione di stand-up comedy, i nomi sono ben noti e ben emarginati. Luttazzi è quello che più si rifà al modello americano, per me il più dotato battutista nostrano che sacrifica troppo spesso il contenuto al gusto lennibrusiano dell'oltraggio. Ma sto divagando.
Al di là di tutto, la più grande differenza tra noi e gli americani è che loro sulle vicende della Carfagna ci avrebbero già fatto dieci film porno. Siamo troppo indietro.

20/10/08

I Visionauti



Sulla parete della mia camera campeggia ancora il calendario di Focus 2007, con la foto di dicembre di un giaguaro, o ghepardo o leopardo o un altro di quei felini pieni di scarabocchi. Il 2008 l'ho bellamente saltato, ma per il 2009 tornerò ad acquistare un calendario e non uno qualunque, ma uno che vale la pena guardare nonostante sia privo di tette, un prodotto che renderà la mia casa protagonista del nuovo millennio. La dritta me l'ha data l'ottimo Bartolomeo Pestalozzi che è tra i collaboratori del progetto I Visionauti.

I Visionauti sono 32 artisti italiani e stranieri che hanno realizzato, a scopo benefico, un calendario in 2 versioni per conto della sezione di Prato dell'Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi.
Fra di loro ricordiamo: Scott Morse, Ivo Milazzo, Miguel Angel Martin, Leo Ortolani, Paolo Bacilieri, Aleksandar Zograf, Werther Dell'Edera, Massimo Bonfatti, Stefano Misesti, Massimo Giacon e Dave Taylor. Le 2 versioni differiscono completamente l'una dall'altra e contengono
ciascuna 15 disegni ed un racconto di Lorenzo Bartoli (tutto materiale inedito). I proventi della vendita serviranno interamente per continuare a garantire servizi utili ai portatori di handicap della vista.
Si può acquistare, al costo di 10 euro, nei seguenti modi:
- alla prossima Lucca Comics (30 ottobre-2 novembre, presso gli stand Double Shot, Leopoldo Bloom, Passenger Press, ReNoir, Tespi/Nicola Pesce e Tunuè)
- attraverso il catalogo Anteprima che presenterà il calendario nel numero di novembre;
- presso la fumetteria "Mondi Paralleli" di Prato (v. Ser Lapo Mazzei n° 26, tel. 0574-41903, e-mail mondi_paralleli@inwind.it);
- scrivendo all'indirizzo: visionauti@gmail.com.

Se anche voi, come me, siete delle persone meravigliose con un gusto squisito e con l'intenzione di vivere almeno un altro anno, allora non potete davvero fare a meno di questo oggetto artistico!
Intanto rifatevi gli occhi con i contributi di Scott Morse e Ivo Milazzo.


13/10/08

È un uccello?! È un aereo?! No...


È il Superenalotto, è venuto a salvarci. Da bravi italiani medi non parliamo d'altro. Già gli dedicavamo ampio spazio mesi fa, negli appiccicosi meriggi estivi, immaginandoci lontani dal tavolo da ping pong, magari in qualche lontana isola paradisiaca. E intanto snobbavamo le spiagge nostrane, sotto casa, troppo caldo, troppa gente, troppo mare. Ma con 45 milioni di euro prendi l'elicottero e vai alle 6 scelle, alle auai, a Panarea perfino, che costa caro e Lucio Dalla c'ha la casa.
Adesso i milioni sono 83 e comincia a sembrare uno di quei numeri da fumetto, da Paperone... un fantastiliardo! un megatrilione! un milione di posti di lavoro! Cifre indefinibili che fanno girare la testa.
Ci siamo ripromessi che chiunque di noi vincerà (perché sarà uno di noi a vincere, molto probabilmente io) donerà un milioncino a cranio a tutti gli altri, li amici. Tutti sistemati, tutti felici, potremo finalmente dedicarci a fare quello che ci piace di più: niente.
E dopo che avremo fatto tutto il niente possibile rimarrà ancora un ultraiperlione da investire.
Pensate quanto bene si potrebbe fare con tutti quei soldi. Che spreco.
Ecco alcuni dei miei piani:

- Acquisire una società di calcio e affidarla a Zeman fino alla sua morte. O a quella di tutti i giocatori.

- Far trasportare Alicudi e Filicudi più vicino alla costa sicula, per farle sentire meno isolate e accrescerne il valore.

- Ottenere un'intervista esclusiva in mondovisione con Paris Hilton per domandarle: "Ma tu, chi minchia sei?"

- Far accendere un fuoco vero sotto il pentolone di Maurizio Mosca

- Regalare una casa editrice a Makkox.

- Terminare la Salerno-Reggio Calabria e usarla per disputare corse clandestine di cavalli.

- Far capire a Bocchino che il nome non basta, ci vogliono i fatti. Prendi ad esempio la Carfagna... (questo non so quanto mi costerà)

- Dare un tetto ai senza tetto

- Dare tette alle senza tette

- Creare il primo circo a luci rosse, con contorsioniste nude, giocolieri con vibratori e clown truccati come Platinette.

- Scatenare una rissa a colpi di copricapo tra le guardie reali inglesi e le guardie svizzere

- Comprare la mafia e tasferirla in Francia. Nessuno prende sul serio un mafioso con l'accento francese, minchià!

- Far abortire Giuliano Ferrara.

- Chi più ne ha più ne metta (con Rocco Siffredi, Ron Jeremy, Selen e altre vecchie glorie)

Il problema (perché deve esserci un problema, non posso semplicemente vincere un fantastiliardo e finirla lì, no, sorge inevitabilmente la complicazione e in questo caso) si tratta degli alieni. Come ormai tutti sapranno martedì, cioè domani, giorno dell'estrazione del superenalotto, avverrà il primo contatto con una civiltà aliena. Questi extracomunitari fluttueranno per 72 ore nei nostri cieli diffondendo messagi pacifici e di fratellanza, ma scassandomi notevolmente i coglioni. Sono infatti pronto a scommettere (83 milioni di euro) che tutti saranno così presi da questa quisquilia da dimenticarsi di estrarre 'sti strafottutissimi numeri!
Alieni, verrete pure in pace, ma già vi siete fatti un nemico...

03/10/08

Certi cognomi non dovrebbero proprio esistere

Mi chiedo che reazione otterrei se chiamassi un ristorante per prenotare un tavolo a nome Bocchino.

30/09/08

Prix Le Blanc, ultimo aggiornamento


Alla fine io e Rossano (che si è anche recato in quel di Bruxelles per la premiazione) ci siamo classificati cinquième al prestigioso concorso belga. Non buschiamo una lira ma la nostra storia verrà pubblicata dans l'album collectif du concours (quando leggo la lingua d'oltralpe la immagino parlata con accento barese, tipo da Sergio Rubini: "Où, ce si fatte?" "So arrivat cinquième" "Dalle e dalle che se chieche u metalle!" "Ma va a cazz' l rizz c'u cul...").
E niente, solo per dire che se non abbiamo vinto è solo colpa vostra. No, non tua, tu lo so che sei bravo. Quello lì invece... sì, proprio tu... Di a dà l schcaf a du a du fine a che non dvendne disphre!!!

(un ringraziamento a wikipedia per l'assistenza linguistica)

24/09/08

Il lavoro mi piace, mi affascina. Potrei starmene seduto per ore a guardarlo. (Jerome K. Jerome)


Questo è un periodo dell'anno sempre impegnativo per me. Dopo l'estate, infatti, comincio a essere pressato da vari agenti esterni affinché cominci finalmente a lavorare e sembra quasi impossibile che, anno dopo anno, io riesca ad evitarlo, giungendo indenne all'estate successiva.
Non è facile. Ci sono un bel po' di mesi freddi e piovosi a separarmi dalla bella stagione e pochi luoghi in cui possa fuggire. Annaspo tra i soliti tristi annunci e offerte per niente allettanti e spesso mi trovo costretto a rifugiarmi in qualche stupido corso di formazione.
Ma quest'anno qualcosa è cambiato. C'è qualcosa di diverso in me.
Io... non è facile per me dirlo... ma credo che... nel profondo... in un angolo buio nella parte più intima e celata di me stesso... accanto al colon sigmoideo... detto anche sigma... chiamato anche, in maniera anatomicamente scorretta, colon pelvico... sede frequente di diverticoli intestinali... in quella zona insomma mi sembra di avvertiere come un vago e incerto desiderio di... di lavorare.
Ora, non voglio che nessuno si preoccupi, probabilmente è soltanto un malessere passeggero dovuto a un'alimentazione sregolata o al fatto di dover ascoltare ogni giorno le parole che vengono fuori dalla lasciva e lurida bocca di Italo Bocchino, fatto sta che al momento la situazione è questa.
La prognosi è riservata ma possiamo comunque dire che il paziente reagisce bene, concentrandosi su imprese improbabili, bisiness difficilmente realizzabili, speculazioni inaccessibili e giocate da un euro al superenalotto.
Insomma, ci sono tutti i presupposti perché riesca a cavarmela anche stavolta ma... mai dire mai.

14/09/08

Il tuffatore


Pensavo non di meritare niente allora, ma per i motivi sbagliati. Il sentirmi indegno e al tempo stesso non inferiore a nessuno, mi faceva bruciare disperatamente, mi rendeva frenetico nella mia immobilità.
Ero un tuffatore nei secondi precedenti il salto, che guarda e riguarda l’esercizio perfetto nella sua mente, dilaniato dalla tensione dei nervi e dei muscoli pronti a scattare. Immerso nel silenzio di centinaia di fiati sospesi.
Appeso al cielo.
Ero un tuffatore da 10 che non si tuffò mai. Terrorizzato dall’altezza dei suoi sogni e dal fondo troppo basso della realtà.

12/09/08

Reduce


Mi rifaccio vivo oggi, alla vigilia della nostra morte globale per risucchiamento in un gigantesco buco di emmenthal. Che poi sta storia che i fasci di particelle potrebbero causare la fine del mondo mi pare un po' esagerata. Che dovremmo dire allora dei fasci di Centocelle? In ogni caso, finché si scontrano tra loro non posso che essere contento.
Questa estate è stata particolarmente attiva, ma soltanto perché le passate erano state fortemente passive e non in senso retrosessuale.
Per la prima volta ho fatto il bagno in un fiume che in realtà era un torrente che in realtà era una successione di pozzanghere brulicante di ragni d'acqua. Io e gli altri intrepidi escursionisti ci siamo inoltrati per la gola sempre più impervia, scalando massi e risalendo simpatiche cascatelle, lì dove nessuna chitarra si era mai spinta prima. È stato bello. Mi sono anche azzoppato. Non riuscivo più a poggiare il piede in terra. Ero convinto che fosse rotto. Ogni volta che sfioravo il terreno mi veniva da piangere. O almeno credo che sia quella la sensazione che si prova quando si è in procinto di piangere. Io non lo so perché non ho mai pianto in vita mia. Al massimo ho avuto delle perdite di liquidi.
Ho giocato a ping pong. Ho visto i cinesi giocare alle olimpiadi e per quel giorno sono stato fortissimo. Avevo lo spirito di un cinese imbattibile dentro di me, uno spirito made in China. Poi siccome queste cose made in China non durano un cazzo, tutti gli altri incontri li ho persi. A stento ho trattenuto le lacrime.
Ho giocato a calcetto. La mia squadra ha subito una sconfitta che in modo riduttivo potrei definire umiliante. Le mie lacrime hanno irrigato il campo in erba sintetica.
Ho giocato a calcio balilla. Io e il mio partner abbiamo distrutto e irriso varie squadre femminili. Del match contro i maschi non... sniff... non mi va di parlare.
Poi sono successe anche un po' di robe brutte. Ma di quelle, si sa, tra qualche anno ne rideremo.

04/08/08

Solstizio d'estate

Oh navigatori condannati da un'infausta sorte a vagare per lo siberspazio in codeste giornate d'infernale arsura, concedetevi un minuto di refrigerio immergendo le vostre aride pupille nelle luminose tavole di Elia Bonetti, da me scribacchiate, che van sotto il titolo di "Solstizio d'estate" e trovan ospitalità presso la virtuale sede di Alienpress.
Furon concepite per la prestigiosa disfida fumettistica che di anno in anno ha luogo a Lanciano, ma ivi non ebbero la sperata fortuna. Ecco dunque che le doniamo umilmente alla vostra premurosa considerazione, vivamente auspicando che il poco tempo che ad esse donerete mai sia per voi motivo di nostalgico rimpianto.
Baciandovi li malleoli, eternamente vostro,
lo Scemeggiatore

24/07/08

Voulez vous voter pour moi?

Alla fine la storia mia e di Ross è arrivata in finale al Prix Leblanc. Quindici opere finaliste, alcune robe davvero belle e anche noi nel gruppo, cosa che mi rende piuttosto orgoglione.
Adesso sta a voi lettori votare e decretare il Campionissimo e potete farlo cliccando semplicemente nel punto giusto in questa pagina e inserendo il vostro nome e indirizzo e-mail.
Quindi, mettiamo il caso che voi vogliate votare per "Desaparecida", di Angelo Macrì e Rossano Piccioni, vi basterà un click su "Voter pour ce candidat" accanto alle immaginette dell'opera in questione, compilare i due campi del form e inviare. Non vi resterà altro che aprire l'email e cliccare sul link di conferma per convalidare il voto. Non è fantastico? Tre semplici passi: clicca, invia e riclicca e la vostra casa risplenderà come una camera dell'Hilton lucidata dalle chiappette di Paris.
Clicca la freccetta, il Prix Leblanc ti aspetta!

Ah, i dialoghi (dove presenti) di tutte le storie sono in francese. Non preoccupatevi se non capite un'acca... è così anche per me.

17/07/08

Geroglifici

Tra 40 anni ci saranno un bel po' di anziane tatuate. Avranno disegni indecifrabili intrappolati tra le grinze della pelle, farfalle imbalsamate sulle spalle e rose appassite sul collo. Misteriosi tribali diverranno macchie informe, il tattoo sexy sopra il sedere sarà parzialmente nascosto dall'elastico del pannolone.
La nonna tatuata sarà comune e il bimbo con la nonna dalla pelle immacolata un po' se ne vergognerà. Che poi ce l'ha anche lei il tatuaggio. "E dove ce l'hai? Vediamo." Ma lei imbarazzata respingerà la richiesta e il dejavu.
Le vecchie affacciate alle finestre chiacchiereranno dei prezzi delle verdure, del lavoro dei figli e dello stato dei loro tatuaggi. Ce ne saranno alcune ricoperte dalla testa ai piedi, non avendo mai smesso di fare da tela ai moderni incisori. Avranno tatuaggi pallidi e sbiaditi vicino a quelli recenti, freschi, vividi, che per qualche tempo doneranno loro un po' di energia nuova.
Ce ne sarà una che avrà i nomi di tutti i figli, nipoti e pronipoti lontani scritti addosso, per poter stare sempre con loro.

26/06/08

Lista dei buoni propositi


Controllo dei mezzi d'informazione celo
Censura culturale celo
Campi di contentramento celo
Delegittimizzazione della Magistratura celo
Non processabilità delle più alte cariche dello Stato se po' fa
Blocca-processi manca poco
Militari per le strade mo arrivano

Dai, sul serio, che manca ormai? Quando ci risparmieranno finalmente la rottura di andare a votare?

Aggiornamento: Milano, crolla il tribunale
Oh, le stanno provando proprio tutte...

24/06/08

Desaparecida


Io e Rossano Piccioni ci proviamo con i belgi, precisamente con quelli del prestigioso Premio LeBlanc. La nostra storia racconta il terribile e assurdo destino di uno delle decine di migliaia di desaparecidos durante il regime militare argentino, la suora francese Alice Domon. Non è stato facile stipare tutto in sole 4 pagine, speriamo di averlo fatto degnamente. Rossano di certo ha dato il meglio di sè con una efficacissima linea chiara e la bellissima copertina dipinta che potete vedere qui.

10/06/08

cervelloooo gnaamm gnam

Uomo pigro + primi caldi + europei di calcio= stato semivegetativo.

Per fortuna l'imminente eliminazione dello Squadrone Azzurro riuscirà a scuotermi da questo torpore e allontanarmi dallo schermo tv, c'è solo da aspettare qualche altro giorno. Ovviamente è tutta una scusa, il mio torpore non ha niente a che fare con il calcio.
Mi prenderei a calci. Ma per farlo dovrei alzarmi.

30/05/08

Aromi romani



Con colpevole ritardo segnalo l'uscita su tutti i monitor dello Speciale Soda IV "Core de Roma", a cura del Collettivo Soda, a cura di Rael, in cura dal dott. Guido Tersilli medico della mutua.
Ho l'onore di aprire questo corposo pdf con un pezzo intitolato "È capitale", furbamente riciclato da un post del blog perché noi giovani non abbiamo voglia di fare niente, soprattutto se siamo terroni e non siamo più così giovani.

Il post ufficiale è qua: http://www.rael-is-real.org/soda/?p=202

Il tomo è scaricabile da qua: http://www.rael-is-real.org/sodasito/core.pdf

Credo che il tutto (o quasi) sia stato composto prima delle ultime elezioni comunali, quindi conservate questo cimelio di una Roma d'altri tempi.

21/05/08

The Darjeeling Limited





Ma quanto mi piace Wes Anderson. Un autore unico nel panorama mondiale per il suo modo unico di affrontare la commedia, intesa non come fiera dello sganascio ad ogni costo ma leggerezza poetica che fa sbocciare la risata naturalmente. Risata di cuore e non di pancia o di testa. E anche quando incrocia il dramma nei suoi film, non ti lascia mai la mano, filtrando tutto con lo sguardo di un bambino curioso di fronte all'inevitabile.
Wes Anderson è autore imperfetto, e per questo molto riconoscibile, di film imperfetti costruiti su personaggi profondamente imperfetti e sui loro rapporti instabili. The Darjeeling Limited non fa eccezione ma anzi eleva l'imperfezione alla terza potenza. Tre protagonisti, i tre problematici (eppure da subito decifrabili nella loro bolla di eccentricità... forse troppo?) fratelli Whitman su cui spicca l'indimenticabile personaggio di Owen Wilson, sempre al suo massimo quando è sotto le mani dell'amico Wes. Non mancano i tocchi di critica sociologica (la superficialità dell'occidentale in cerca di se stesso che programma la sua ricerca spirituale come una gita a Disneyland) ma davvero innocua e lieve, sacrificata felicemente al piacere del viaggio, tra i colori accesi e bellissimi dell'India più sperduta ed estrema. L'immota confusione di Jason Schwartzman e la maschera triste di Adrien Brody completano il trio, cui si aggiuge il cameo di Anjelica Huston nei panni della madre, un insieme di attori chiaramente (e letteralmente) scelto di naso.
Ciliegine: Natalie Portman nuda; Bill Murray velocista; una bella colonna sonora ricca di Kinks.
Nota di costume: solo due spettatori hanno lasciato la sala prima della fine dei titoli di coda!
Da vedere, rigenerante.

12/05/08

Sueño


Su Monstars #3, edito da Nicola Pesce faccio il mio esordio fumettistico. La storia breve, intitolata "Sueño", si avvale delle matite della brava e altrettanto esordiente Romina Moranelli.

08/05/08

Riscartarsi


Ogni tanto in questa casa si fa una "busta per la carta" da riempire con chili di carta che andrà successivamente gettata nell'apposito "cassonetto per la carta" che si trova subito dopo la casa di paglia del primo porcellino proprio alla fine della strada di mattoni gialli. Io do il mio contributo scavando negli scaffali, tra fogli sparsi di origine ignota, quaderni scolastici del mesozoico, manoscritti impolverati. Non butto mai niente.
Ogni volta tra questi fogliacci scopro inevitabilmente documenti storici della massima importanza per me. Pagine di diario, intricatissime trame di romanzi (che al giorno d'oggi non sarei minimante in grado di concepire), formazioni del fantacalcio (Ganz! Moriero! Walem! Paulo Sergio! Edmundo! NEQROUZ LO STRIZZAPALLE!!!), struggenti poesie, disegni di tizi muscolosi di chiara influenza Jimleeana, e poi liste, liste, liste d'ogni genere (calciatori, canzoni, possibile cast per un film sugli X-Men in cui azzeccavo Patrick Stewart... frasi da scrivere su delle magliette, es: "Scugnizzo del demonio"), perfino una bozza di una missiva destinata a Marco Marcello Lupoi in cui lo spronavo ad investire in produzioni autoctone di genere non supereroico (e alla fine mi ha ascoltato... neanche un grazie, eh?). Insomma, un patrimonio inestimabile in cui mi smarrisco ogni volta.
Cimeli di quel tempo in cui non potevo fare a meno di inondare d'inchiostro ogni superficie cartacea.
La videoscrittura è castrante. Il bianco luminoso dello schermo che riflette il tuo vuoto è più minaccioso e impietoso del bianco del foglio.
Il foglio bianco lo puoi subito far tuo con uno scarabocchio, marchiarlo a nero, insozzarlo, farne ciò che vuoi. Questo insieme di pixel invece è una cosa seria. Una cazzata qui assume proporzioni ben più grandi. Puoi solo SALVARE o CANCELLARE.
Da un po' sto provando a riappropriarmi dell'atto liberatorio di far scorrere la sfera magica sulla carta, di far gareggiare la mano col cervello. È dura, credo sia un po' come disintossicarsi. Ma spero di tornare presto a sprecare tonnellate di carta da riguardare con imbarazzo tra qualche lustro e salvare dalla "busta per la carta".

30/04/08

Le cose che mi piace fare

Sono così scarico in questo periodo... Il coniglietto della duracell potrebbe abusare di me come vuole, non avrei abbastanza energia per difendermi. Sarà la primavera, sarà il nero dilagante, ma sono così scarico, spento, vuoto. La malaugurata catena (che i giovani chiamano meme, ma è una catenaccia, parliamoci chiaro) indirizzatami da gb cade a pennello. Tema: Le cose che ti piace fare.
Svolgimento: non mi piace fare niente, sono scarico, sono spento, non faccio niente e non mi piace e se faccio qualcosa non so bene perché la faccio. Molte delle cose che mi piaceva fare non mi danno più alcun piacere, perché sono tutte così effimere che l'unica cosa che mi lasciano è il senso di colpa. Leggo quando dovrei scrivere, fantastico quando dovrei fare, sogno quando dovrei vivere. Ho tanti passatempo ma io il tempo lo vorrei trattenere. Io e il Tempo non ci capiamo, non andiamo d'accordo.
Io, quali sono le cose che mi piace fare, non lo so. So che non mi piace stare a pensarci. So che invece di pensare alle cose che mi piace fare, dovrei fare.
Ma io non sono uno che fa. Perché sono uno che sta a pensare alle cose che gli piace fare senza sapere dove andare a parare.
Ecco, in porta non ci voglio stare. Preferisco giocare, anche se non sono capace, giocare mi piace.

18/04/08

Se Dio c'è, ha un ottimo gusto


Ero convinto che non ci fosse un Senso in questa caotica esistenza. Poi ho scoperto che Edwige Fenech è nata a Bona.

14/04/08

Una volta mi sorprendevo. Una volta mi disgustavo. Adesso ho solo paura di vivere in questo paese.

08/04/08

Domeniche - The Writer's Cut

Per chi non lo sapesse, "Domeniche" era un interessante esperimento mio e di Makkox, io ci mettevo le parole e lui le immagini. Non si partiva da una sceneggiatura ma da un testo leggero che potesse ispirare Marco e ne accompagnasse le magnifiche illustrazioni. Il primo (e unico) episodio lo trovate qua, andate a vedere, io vi aspetto.
...
Fatto? Bene. Come potete immaginare il testo così, nudo, lascia il tempo che trova, ma ho promesso a Skiribilla che lo avrei postato, e io mica sono un politico. Se non si capisce niente prendetevela con lei.
Tra parentesi e in corsivo metto le poche note al testo che servivano a spiegare meglio a Mak cosa stesse accadendo. Cominciamo.

*****
(Il dialogo che segue si svolge mentre i due lavorano. Fanno gli attacchini e stanno mettendo su un grande manifesto pubblicitario.)

- …allora, mentre sua sorella era in bagno, Succhione le urla che sta uscendo, che va a giocare a calcetto o roba simile. Va alla porta, la apre, la richiude sbattendola… però non è uscito, capito? È rimasto in casa… Va in punta di piedi in camera della sorella e si infila sotto il letto. Questa crede di avere la casa libera e telefona al suo ragazzo che in mezzora è già là. E Succhione per tutto il tempo rimane sotto al letto, ti rendi conto?! Aveva previsto tutto! Questi si mettono a letto e cominciano al piccolo trotto… Succhione aspetta un po’… e poi di BOTTO salta fuori URLANDO e quei poveracci terrorizzati URLANO PURE LORO, il ragazzo della sorella scatta in piedi e scappa via in un’altra stanza coprendosi con un peluche e la sorella di Succhione è sconvolta e piange e Succhione ride come un pazzo allora la sorella prende una cintura e BAM molla un gran colpo sbattendogli la fibbia sulla fronte e gli apre uno squarcio e Succhione comincia a sanguinare e non ride più…
- Mi ha mandato un rullino.
- Eh?... Ma chi, Succhione?! Non ci posso credere… Sicuramente si è fotografato il…
- Ma quale Succhione!? Me l’ha mandato lei…
- Lei?
- Lei.
- La sorella di Succhione?
- Cazzo, hai di nuovo sniffato la colla… Dimentica quell’idiota di Succhione… LEI mi ha spedito il rullino… LEI!
- Lei??? Aaaaaaahhh… lei…
- Eeh…
- E che c’è in questo rullino?
- Non lo so.
- Non lo sai?! E cosa ne vuoi fare?
- Non ne ho idea.
- Ma sviluppalo, no!? Magari c’è roba che possiamo mettere su internet.
- …
- Bah, tu pensaci… comunque senti, senti che è successo dopo. Il fidanzato della sorella di Succhione sente le urla, si precipita nella stanza e vede il sangue a terra. Chissà che cazzo si crede, non capisce più niente, afferra una sedia e SBADABAM…

*****

Magari è andata così.
È una bella domenica di sole. Lei tira su la serranda, si affaccia alla finestra della sua nuova casa, nella sua nuova città, e capisce che una di quelle domeniche fatte apposta per una gita fuori porta. Allora fa un giro di telefonate, chiama gli amici…
Anzi, no.
Chiama il suo nuovo ragazzo.
Lui risponde al primo squillo.
“Che bella giornata, amore.” gli dice, “Ti andrebbe di fare un giro?”
E il suo nuovo ragazzo, che non è mica uno di quei perdigiorno che alle otto di una domenica mattina sta ancora a rivoltarsi tra le lenzuola, le dice: “Certo cara, tra un’ora sono da te.”
“Perfetto… Oh, quasi dimenticavo! Porta la macchina fotografica.”
“Accipicchia tesoro, purtroppo l’ho prestata a Gianvirginio e quel briccone non me l’ha ancora restituita.”
Si salutano. Mentre prepara lo zaino, lei pensa che è davvero un peccato non avere una macchina fotografica in una così splendida giornata… ed è a questo punto che si ricorda della sua vecchia analogica di plastica.
La ritrova in un cassetto. Quando la libera dalla custodia verifica subito se c’è il rullino. L’indicatore segna “18”.
Fissa il numero ma in realtà sta rovistando tra i ricordi, cerca di rammentare quand’è stata l’ultima volta che l’ha adoperata.
Quando ci arriva, di colpo il suo sguardo diventa marmo e le sue dita acciaio. La macchina emette un breve lamento.
Il suo primo pensiero è di tirare fuori il rullino e bruciarlo alla luce del sole di quella splendida giornata. O lasciarsi andare, solo per qualche istante, e pestarlo con le sue scarpe da ginnastica da escursione domenicale, riducendolo in pezzi.
Ma lei non si lascia andare. In un baleno ha di nuovo il controllo. Riavvolge il rullino, apre lo sportellino della macchina e lo tira fuori. Da un altro cassetto prende una busta, scrive un nome e giura a sé stessa che sarà l’ultima volta che lo farà. Sull’altra faccia della busta scrive il suo nome.
E quei nomi stanno lì, sui poli opposti di una busta di carta, destinati a non incontrarsi mai.
Magari è così che è andata.

*****

Ci starebbe bene se piovesse, gocce di quelle grosse che si frantumano sul parabrezza, aumentando gradualmente di ritmo, montando su come il Bolero di Ravel, mentre tu sei perfettamente fermo. Fermi i tuoi pensieri. Al minimo il respiro ed il battito.
Invece è una giornata uggiosa, che non sai bene cosa vuol dire ma te la sei sempre immaginata così, come questa, e nell’autoradio hai un cd degli Okkervil River e ti muovi sul sedile come se avessi le pulci e dentro la testa il mercato rionale e.
E ti rendi conto di quanto sei banale. Finire sotto casa della famiglia di lei, l’ex casa della tua ex, con un rullino infilato in tasca, sperando che piova. Ti aspetti che da un momento all’altro Muccino urli “Buona la prima!”
Invece battono sul finestrino.
La sorella brutta di lei ti sorride, oltre il vetro.
Senti un flusso di sangue incendiarti il viso.
La sorella brutta di lei adesso ti studia soltanto.
Si aspetta che abbassi il finestrino.
Tu alzi una mano.
Lei risponde al cenno, come un marziano che viene in pace.
Tu ti volti, giri la chiave, fai mugolare l’accensione e parti, fili via ma con andatura moderata, senza guardare lo specchietto, cavalcando il Bolero al suo culmine.
Invece sei solo a metà di “Dead dog song”.
E Moretti biascica “Buona la prima.”

*****

Stampa in un’ora un cazzo!
Già due ore d’attesa.
Il viale percorso quattro volte da entrambi lati.
Un’impronta lasciata su una merda di cane, così ben delineata che farebbe invidia a Neil Armstrong.
Due turisti stranieri bisognosi di indicazioni spediti in un quartiere da cui non usciranno vivi.
Commentato il traffico con un anziano.
Scrutati un numero esagerato di sederi femminili con un altro anziano.
E ancora niente.
Quasi pronte, dice il commesso.
Stampa in un’ora un cazzo!

*****

Tredici foto. Non le hanno sviluppate tutte, ma bastano queste per farti ribollire il petto.
Finalmente ricordi.

Era una domenica mattina, ti svegliò un tuono.
Poi il lampo.
Non realizzasti subito che qualcosa non tornava.
Poi ci fu un altro lampo vicinissimo. Il terzo ti accecò.
Lei, in ginocchio sul letto, rideva e armata di una macchina fotografica ti tempestava di flash.
Ti lanciasti su di lei con un urlo da guerriero unno, con una mossa fulminea la immobilizzasti e ti impadronisti della macchina. Scattasti a raffica, mentre lei cercava di schermirsi, nascondersi, sfuggirti, preda di un riso incontenibile.
La costringesti a implorare pietà, mentre fuori cominciava a piovere e la luce di un lampo lontano vi ritrasse stretti l’uno all’altra, incuranti del tuono.

Adesso hai dei frammenti di quella domenica mattina tra le mani, su carta lucida. Tredici lampi che fai scorrere tra le dita, piano, nonostante brucino ancora.
Poi la vedi, in mezzo alle altre, e mentre ti soffermi su quella foto, senti l’idea affiorare leggera insieme a un sorriso.

*****

(È sera, il nostro protagonista alla guida di un furgoncino prende il suo collega sotto casa. Mentre il nostro guida, l’altro non la smette di parlare.)

Passi a prendere il tuo scudiero.
- Oh, non hai idea di cosa ha combinato Succhione…
Ti immetti in autostrada, i primi chilometri dei tanti che ti aspettano scorrono sotto le ruote.
- …appena mette la prima la macchina si muove in avanti e BUM! si inclina tutta d’un lato e sbatte in strada. Succhione scende e vede che gli hanno fottuto due ruote e comincia a bestemmiare come un kamikaze che ha preso l’autobus sbagliato…
L’autostrada di notte sa di nulla infinito. Costruita nel vuoto, lontano da tutto, estranea al mondo che attraversa. Gli autogrill sono oasi artificiali che non danno sollievo. Percorri la tua corsia, a velocità costante, e potresti continuare così in eterno senza rendertene conto. Potresti sparire così.
O essere già sparito senza saperlo.
- …sai com’è Succhione quando vede una suora, perde completamente il controllo della sua testa di cazzo. Allora… eehhehehe mentre queste due si avvicinano lui ehehe si ributta in macchina e prova a farla camminare SENZA LE RUOTE…
Come ha tentato di farti sparire lei. Un rullino in una busta e puf… Un gesto plateale per una platea insignificante. Davvero ha creduto di poterti cancellare così?
- …mentre tenta disperatamente di andarsene arando l’asfalto comincia a PIANGERE… ehehe ormai è completamente PARTITO! Le suore gli battono al finestrino e a un certo punto eehehehe a un certo punto una urla con un vocione “Ma che cazzo fai?!”. Succhione si gira a guardarla e vede che ha una BARBA ALLUCINANTE e EHEHEHEEEE e si mette a gridare come un INDEMONIATO. Giustamente mica lo sapeva che era Halloween…
Nel momento in cui ha lasciato scivolare la busta nella buca, in quello stesso momento deve avere capito che i vostri resti, le vestigia di ciò che eravate, erano troppo pesanti per essere raccattati, impacchettati e spediti via.
Ne sei convinto.

*****

(Silenziosa scena notturna. I due attacchini sono in una strada cittadina. Si muovono furtivi nella notte, intenti ad attaccare un grande manifesto.)

*****

È cosi che va.
È una bella domenica di sole. Lei tira su la serranda, si affaccia alla finestra della sua nuova casa, nella sua nuova città, e si protende verso la luce, respirando a pieni polmoni.
Poi passa in un’altra stanza, sentendo dentro il petto rintocchi di pura gioia, una sinfonia di beatitudine. Tira su un’altra serranda, abbracciando la città con lo sguardo e…
E una faccia gigantesca, mostruosa, orripilante ricambia il suo sguardo. E anche se stenta a crederci, riconosce in quell’immagine orrenda, che occupa il cartellone dall’altro lato della strada, il proprio volto, paralizzato in una smorfia raccapricciante che non sapeva potesse appartenerle.
Nel petto rintocchi di mille campane stonate.
Tu la spii dalla soglia di un bar, con gli occhi gonfi per la notte insonne e la pancia gonfia di birra, troppo stravolto anche per ridere.
E ti dici che una cosa così Succhione non l’ha mai fatta.

FINE

03/04/08

Ferrara non conquista Bologna


Dura contestazione ieri a Bologna nei confronti di Giuliano Ferrara. Bersagliato dal lancio di pomodori, mortadella e uova, Ferrara decide di andarsene perché nessuno gli lancia il pane.
La polizia carica i manifestanti, tra cui molte ragazze, il bilancio finale degli scontri è di 15 contusi lievi e 3 gravidanze interrotte.
Il Giornale titola "Pomodori abortisti in faccia a Ferrara". Ricordiamo che i pomodori abortisti non si trovano nei comuni supermercati e non vanno ingeriti ma applicati direttamente sulla parte, previa prescrizione medica.

Nell'immagine, Ferrara pronto a ingoiare una baguette.

31/03/08

La solita malamatita


Opera del Maestro, ovviamente.

29/03/08

Italiaans


A Pasqua Amsterdam è un catalizzatore di neve, grandine, pioggia, vento, ci tiene a mostrare tutto il campionario del maltempo, come fosse un prodotto tipico, come se ne rivendicasse la paternità. Il cielo ha imprevedibili sbalzi d'umore, eppure la neve di Amsterdam non si trattiene, giusto una visita veloce che quasi non lascia tracce. E la grandine non fa troppo male, picchietta senza picchiare, e la pioggia non inzuppa, o forse sono io che non la sento bagnarmi, confusa nel freddo che mi stringe quando mi fermo o quando il vento spinge più forte. Ma se cammino, e cammino tanto, il freddo fatica a farsi strada tra gli strati di maglie che mi ricoprono e si accontenta di azzannarmi alle gambe, le quali sopportano in silenzio.
Amsterdam è sbilenca, antica e bellissima. I suoi palazzi con i tetti spioventi, accalcati, addossati uno all'altro, si spintonano per guadagnare spazio e si trattengono per paura di cadere nei canali, sulle anatre che scivolano indifferenti. Gli edifici vecchi di secoli non dimostrano la loro età, sono lucidi, arzilli, dal portamento distinto, la schiena ancora dritta, fanno impallidire i nostri palazzi ancora giovani ma già decrepiti e stanchi di vivere. I palazzoni moderni ad Amsterdam sono un'eccezione, alieni relegati nelle periferie che non trovano spazio nel cuore caldo della città. Qui, nel centro, le costruzioni più recenti si mimetizzano umilmente con i loro antenati, senza disturbare.
Un mare di turisti da ogni parte del globo affolla le strade, mille lingue diverse ci passano accanto e ci si abitua a presto. Gli italiani vengono identificati a chilometri di distanza, pure se non stiamo cantando "Volare" e non indossiamo la felpa FIAT e non stiamo addentando una mozzarella e non sbottiamo in bestemmie colorite, anche se camminiamo semplicemente, a testa bassa e mani in tasca, magari qualcuno ci urta e dice Scusa, in italiano, o magari una prostituta ci urla dietro offerte in termini a noi comprensibili e non possiamo fare altro che piantarci in mezzo alla strada e perquisirci in cerca di segni di italianità, a chiederci perché non possa essere scambiata per spagnolità o grecità o qualsiasi altra mediterraneità. Non lo sapremo mai.
L'atteggiamento degli indigeni sembra oscillare tra due poli opposti, tra l'ospitalità estremamente cordiale, spesso amichevole, e il fastidio evidente per l'invasore che non si preoccupa nemmeno d'imparare a salutare nella lingua del posto e che rumina una manciata di termini inglesi, con una pronuncia imbarazzante che ha l'effetto di unghie su una lavagna. Ma sopportano senza troppa fatica, ripagati dal costante flusso di danaro che inonda la città. Gli unici a insultarci sono i ciclisti, tra una scampanellata e l'altra. Procedono spediti, guizzando tra i passanti, molti in sella a bici sprovviste di freni e come uniche armi il campanello e le loro voci che ci apostrofano con epiteti incomprensibili. Sono bravissimi, non ne vedo cadere nemmeno uno, non assisto a nessun incidente anche se ci spero.
Il Red Light District è un formicaio assonnato di giorno che si risveglia e si riempie col buio, accendendosi di neon e squallore. Le ragazze osservano i pesci al di là del vetro, trascinati dalla corrente. Ogni tanto picchiettano con le nocche per attirarli, sorridono, alcune condividono la vetrina, parlano tra loro divertite, scherzano, i loro commenti fanno da contrappunto ai nostri. Altre non nascondono la noia, sembrano manichini spogli durante il cambio di stagione. Un paio compongono sms, indifferenti al passeggio. Mi chiedo cosa scrivano. Forse gli stessi messaggi scocciati di una segretaria che non vede l'ora di staccare.
Nelle strade più esterne del quartiere i sexyshop si alternano ai coffeeshop e agli spacciatori di cibo. Certe pietanze esposte sembrano già digerite e garantiscono l'intossicazione. Cucine orientali dagli effluvi viscosi si succedono a pessime imitazioni di pizze e a sandwich derivati dalla plastica. È difficile trovare un luogo di ristoro che non infligga un duro colpo allo stomaco o al portafoglio.
Con occhi avidi bevo Amsterdam e mangio la neve. La faccia è l'unica parte del mio corpo che affronta l'aria fredda del nord, mentre incrocio gruppetti di britannici in maniche corte, mentre olandesi senza guanti pedalano sulle loro bici-passeggino e i bambini seduti nelle cassette assaporano l'aria frizzante, mentre atleti in pantaloncini continuano imperterriti la loro corsa, mentre un bambino biondo con la maglia dell'Ajax insegue un pallone.
Rabbrividisco sotto il mio cappello peruviano, il giubbotto imbottito, la giacca di angora, il lupetto misto lana, la maglia in cotone caldo, e allora mi viene il dubbio. Che questi sono davvero ariani e io sono un misero essere inferiore.
Italiano.

20/03/08

...chi è che bussa a 'sto convento?

Vi lascio con uno dei classiconi di ogni blog che (non) si rispetti, e cioè una selezione delle chiavi di ricerca che hanno condotto alcuni utenti pazzerelli in questo luogo.

GRASSO È BELLO
battute sulle persone grasse
persone grasse con il cazzo di fuori
persone grasse paracadutismo (ora che ci penso non se ne vedono mai, è vero...)
blog contro le persone grasse (e pure un forum per organizzare meeting in cui linciare persone grasse!)
canzoni stupide sulle persone grasse
porno live grasse (solo su maxischermo)
alle ragazze piacciono i grassi (sìììì, ti piacerebbe...)

COSE UTILI
come uccidere mia sorella e farlo sembrare un incidente (putroppo sono figlio unico, ma dammi un po' di tempo per pensarci)
gomma da mettere sotto al cancello per non fare entrare le foglie (ah, se solo qualcuno la inventasse...)
il personal trainer della pausini (ascolta solo death metal)
suicidio vodka salvezza (l'ultimo bicchiere e me ne andròòòò)
paperino materassi collaudatore
parlare a rovescio da destra a sinistra (e a testa in giù)
il modo giusto per sverginare una ragazza (è farlo quando suo padre non è nei paraggi)
morto che richiede scarpe nei sogni
diarrea senza dolore (dove nessun anestesista si è mai spinto prima)
materiale organico nell ombelico
cose' l'esplorazione rettale (un gioco di società?)
canzone americana con rumore di sciaquone (ho il live)
tu donna partorirai con dolore+catene di sant antonio (se non spedisci questa lettera a 10 tue amiche partorirai 10 gemelli. pure se sei vergine.)

FILOSOFICI
ho studiato una vita per non conoscere la luce (con gravi danni alla vista)
sapere delle cose che nessuno sa
cose che le persone non possono sapere
cose che è meglio non sapere vedere
c'e' sempre il solo quando viene il sole c'e' sempre la notte quando viene la notte (coincidenze)

SOLO CON IO
la masturbazione mano controlaterale (standing ovation)
masturbarsi in autobus (per prendere alla sprovvista il controllore)
masturbazione con la suola delle scarpe (purché siano scarpe da calcio)
la msturbazione provoca l' alitosi (ma no, è che ho fatto colazione con una cipolla intera... giuro...)
quando è da solo mette la mano dentro il pannolino e si masturba (l'orgoglio di papà!)

PERVERSIONI
la mia prima sculacciata (bei ricordi...)
il nudo integrale di gattuso gennaro
adorare i piedi di gattuso gennaro (dopo 90 minuti di partita più recupero)
muratore tra le cosce (e la cazzuola in mano)
mia sorella a pecorina (viva la famiglia!)
grandi labbra show (uno spettacolo imperdibile)

VARIE
minetti annalisa kickboxing (furia cieca!)
rime su rocco siffredi (uhmmm... se vedi nudo Rocco Siffredi/ più lo guardi più non ci credi)
e fu subito sera

18/03/08

E se la sera ti fa un po' paura...


Va bene, confesso: non sono mai salito su un aereo. Gli unici voli che ho fatto in vita mia sono stati voli involontari giù da alberi con conseguenze spesso dolorose (contusioni, tagli profondi, difficoltà respiratorie, perdita di conoscenza). Adoravo arrampicarmi sugli alberi. È una cosa che mi manca tanto.
Scalare alberi è uno sport pericoloso, precipitare ancor di più. Quindi figuriamoci precipitare con un aereo che, inspiegabilmente, non vola ad altezza-albero.
Io non ho paura di volare. Sono solo terrorizzato dall'idea di precipitare, dai lunghissimi secondi (minuti?) in cui sei costretto sul tuo sedile come un condannato a morte mentre il suolo si approssima sempre più velocemente. Non riesco a immaginare cosa accada in quei momenti. La gente che urla a pieni polmoni e che deve riprendere fiato un paio di volte prima dell'impatto (AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH anf anf aaaaunn AAAAAAAAAAAHHHH... non rende granché bene), quelli che pregano, quelli che cercano di battezzarmi e darmi l'estrema unzione in un colpo solo, quelli che in preda al panico si strappano i vestiti di dosso e le hostess che se li rimettono. Esigo il paracadute, il sedile eiettabile, il cianuro. O almeno un rimborso.

La meta è Amsterdam. Ci sarà freddo, vento, neve e droghe. Io non fumo, non mi piace fumare. Sarò strano, ma non riesco ad apprezzare quella sensazione di copertone bruciato che inonda il petto. Preferisco l'alcol, per una questione di gusto e di logica, non di legalità. Gli alcolici li capisco. Sono dei liquidi, li puoi bere, li puoi combinare, li puoi mischiare con tante sostanze aromatizzanti e saporite, possono dissetare, rinfrescare e condurti al coma. Riempire un bicchiere e mandarne giù il contenuto è un'operazione naturale, ha un senso. Prendere delle foglie, seccarle, sbriciolarle, avvolgerle in un pezzo di carta, dargli fuoco e respirarne il fumo è un percorso un po' più tortuoso. Insomma, a chi cazzo è venuto in mente? Vorrei tanto congratularmi con lui per l'ingegno.
In ogni caso, vado ad Amsterdam e tra un Van Gogh e un Van Basten qualche sostanza dannosa per l'organismo bisogna pur provarla. I funghi li capisco, hanno una logica, ci si fanno pure le tagliatelle...

In questi momenti, quando sei alla vigilia di un meeting con la Nera Signora, ti ritrovi a pensare a tutte le cose che lasci in sospeso, anche le piccole cose che non saprai mai come andranno a finire. Ad esempio "Lost". Non potrò verificare se la mia teoria è giusta, e cioè che tutto quello che sta accadendo sia in realtà una grossa menzogna e che i personaggi di "Lost" non siano altro che attori, anche perché c'è il chitarrista drogato che assomiglia a un hobbit e potrebbe trattarsi della stessa persona. Ciò mi induce a sospettare che anche "Il signore degli anelli" fosse una storia di fantasia.
Non saprò mai se a Valentino Rossi di veloce resta solo la connessione e quante pappine prenderà la Roma dal Manchester.
Non saprò se è vero che per spaventare Giò Di Tonno basta minacciarlo con un grissino. Non avrò il tempo di riscattarmi da quest'ultima battuta.

Un ghiotto premio a chi indovina la citazione nel titolo di questo post e del precedente.

15/03/08

Giochi alla vita che cresce insieme a te...


Un anno fa venivo colto da terribili spasmi intestinali associati a emissioni gassose dall'odore sgradevole e intollerabile e violenta nausea accompagnata da irrefrenabili conati. Nasceva così questo blog.
Da allora la situazione non è per niente migliorata e continuate a vedere i risultati dei miei ripugnanti disturbi su queste pagine. Ma per quanto ancora?
La ricorrenza odierna infatti potrebbe precedere un addio. Non sto parlando di una di quelle melodrammatiche chiusure volontarie, addii alle scene, suicidi blogghistici, seppuku, harakiri, bukkake (anch'essi possono essere fatali) virtuali. No, purtroppo si tratterebbe di un addio indipendente dalla mia volontà e che va ben oltre internet. Parlo infatti dell'Estremo Saluto a questo grande, pazzo e meraviglioso blog chiamato Vita.
Tra meno di una settimana partirò. Nei miei programmi dovrebbe trattarsi di una breve assenza, in coincidenza delle vacanze pasquali. Nella realtà, purtroppo, non sarà così. Nel giro di pochi giorni dovrò infatti prendere quattro aerei e come tutti sanno le statistiche dimostrano che un aereo su quattro viene colpito in volo da missili di origine sconosciuta (ma io e te sappiamo bene di chi sono...) o precipita al suolo per altre cause, schiantandosi e accartocciandosi come una lattina di coca cola sotto il piede di un ragazzino di terza media ed esplodendo in una palla infuocata come un fuoco d'artificio illegale incautamente acceso da un ragazzino napoletano ripetente di prima media. E se per miracolo qualche passegero dovesse sopravvivere, finirebbe in una cazzo di isola piena di mostri, criminali e pazzi armati.
Certo, potrei sempre non partire, sarebbe la cosa più logica da fare. Ma ho già sborsato un po' di soldi e preferirei morire in modo terribile piuttosto che perdere un pugno di euro. E a quanto pare è proprio quello che accadrà.
In ogni caso non voglio che siate tristi, questo è comunque un anniversario, una lieta occasione per ricordare tutti i bei momenti trascorsi insieme. E ci resta ancora qualche giorno da condividere, da passare serenamente, in allegria. Quando poi non ci sarò più, chi vorrà potrà di tanto in tanto tornare qui e ricordarmi con un sorriso. Anche se il mio corpo sarà ridotto a un'informe mucchio di materia organica carbonizzata, un pezzetto di me sarà sempre con voi, tra queste righe.
Evviva!

07/03/08

Spesso il male di schiena ho incontrato


Oggi il medico consiglia: non guardare "Dr. House" se non si è in perfetta salute. Potreste riconoscere nel prurito dietro l'orecchio destro il primo sintomo di amiloidosi, nell'inspiegabile distacco di un pelo pubico il chiaro segnale dell'avvento del lupus, nel punto nero sul naso la sentenza di peste, nell'eccitazione dell'immaginare Carla Bruni cavalcare nuda verso la Bastiglia cantando la Marsigliese l'inequivocabile prova clinica della sarcoidosi.
Io, in questi giorni che sono stato afflitto da un grave malanno, mi sono sparato tutta la quarta serie del Dottor Bastardo. Un'overdose che poteva essermi fatale, soprattutto quando la mia temperatura corporea ha superato i 39° e mi appariva ormai chiaro che House stesse parlando con me quado diceva, col suo modo cinico e spietato, che stavo morendo e che non c'era un bel Niente dall'altra parte.
Ma questa volta hai fallito caro House, hai avuto torto e io ho ragione, sono ancora qui grazie alla mia geniale intuizione. Era influenza.
Aspirina e copritevi bene. Passerà.

P.s.: continua a essere la serie con i migliori dialoghi. Poco male se per la maggior parte del tempo non si capisce di che cacchio stiano parlando.

25/02/08

Auguri terremoto!


Quest'anno ricorre il centenario del terremoto che rase al suolo Messina o, più in generale, dall'ultima volta che in città è successo qualcosa. È una ricorrenza così importante che tremo dall'emozione. Spero sia l'emozione.
La mia professoressa di scienze al liceo ci ricordava frequentemente che è solo questione di tempo prima che un altro violento terremoto scuota lo Stretto. Niente se o forse, nessun dubbio. Allora sì che ci si divertiva a scuola, non come adesso, con queste professoresse che si accoppiano selvaggiamente con gli alunni. Mentre quegli stupidi palpano, strizzano, sbattono, io sto con l'orecchio appiccicato al pavimento pronto a cogliere ogni minimo movimento. La signora del piano di sotto sta guardando "Tempesta d'amore".
Alla luce di quest'ineluttabilità sismica spero che si decidano e costruiscano a tempo di record il Ponte sullo Stretto. Sai che delusione vederlo crollare quando ancora non è completo...
Che poi a vederla, questa città, sembra che non sia mai stata ricostruita. Le strade hanno buche così larghe che caderci dentro è un po' come fare sesso con la Arcuri, ma più doloroso. In nessun'altra parte d'Italia ho visto strade in queste condizioni. Immaginiamo che debba caderci dentro un ragazzino. È giusto che perda la verginità così? Con la Arcuri? Come farà poi, per il resto della vita, ad accontentarsi di strade normali e in buone condizioni? Solo l'unico a preoccuparsi? Eh dottore? La medicina? È ora della medicina? Sì, è buona la medicina.
Non è bello vivere in una zona tellurica, sempre sul chi vive, con i nervi a fior di pelle.
Non è per cattiveria che in spiaggia distruggo i castelli di sabbia dei bambini, ma per prepararli psicologicamente. È quello che dico ai loro genitori. Non tutti capiscono. Le aste degli ombrelloni sono più appuntite di quanto sembri. Fanno male.
A volte mi chiedo cosa farei se dovessi scampare al terremoto mentre il resto della città fosse distrutta. Mi chiedo che farei, dove andrei, cosa potrei saccheggiare. Penso che lo sciacallaggio sia più difficile di quanto sembri. Riuscire a pensare, a concentrarsi su un obiettivo, in mezzo a tutta quella gente che urla di dolore e chiede aiuto. Io ho bisogno di quiete per saccheggiare.
L'idea di un terremoto fortemente distruttivo in un certo senso è eccitante. Certo, una grande tragedia, ma guardiamo per un attimo il lato positivo, ok? Tabula rasa, ripartire da zero, una seconda chance per noi stupidi messinesi di creare qualcosa di buono, di bello, per elevarci ricostruendo sul nostro dolore, per riassurgere agli antichi splendori e tornare in serie A.
Una seconda possibilità. Da sprecare.

20/02/08

Rock Will Save The World #04 - TEENAGE KICKS

Se avete impegni nelle prossime ore, nei prossimi giorni, se avete bisogno di tutte le vostre facoltà mentali, tutta la vostra concentrazione, non cliccate play. Vi avverto, non fatelo. Ho fatto l'errore di ascoltare "Teenage kicks" tre giorni fa e da quel momento non c'è spazio per nient'altro. Per fortuna sono uno sfaccendato.
"Teenage kicks" di The Undertones è la canzone catchy per eccellenza. Nata sull'onda del punk per mano di cinque ragazzetti di Derry, che nell'inferno dell'Irlanda degli anni 70 trovarono una via di fuga nella musica seguendo la strada spensierata dei Ramones più che i furori nichilistici o gli ardori rivoluzionari di altre band britanniche, è da molti considerata il singolo perfetto. Due accordi, ritmo costante e immutabile, verso, ritornello, verso, ritornello e via con un altro giro.
La semplicità e la freschezza di questo brano conquistarono il mitico dj John Peel, il cui contributo fu fondamentale per il successo del brano e del gruppo. Rimase la sua canzone preferita fino alla sua scomparsa, e anche oltre, visto che "Teenage kicks" fu suonata al funerale di Peel e che il verso iniziale, "Are teenage dreams so hard to beat" è inciso sulla sua lapide.
Non c'è praticamente gruppo rock che non abbia ripreso e omaggiato "Teenage kicks". Ma l'originale, come spesso accade, è inavvicinabile.

Rock è un ragazzino che si chiude in bagno, pensando a lei.

14/02/08

From A to Y


Brian K. Vaughan è il miglior giovane sceneggiatore degli ultimi anni.
Massimo Carnevale è il miglior cover artist.
Pia Guerra è una brava disegnatrice.
Y: The Last Man è una delle migliori serie degli ultimi anni.
Il numero 60 è il miglior finale. Fa venir voglia di ricominciare tutto daccapo solo per poterlo raggiungere e divorare ancora una volta.

08/02/08

Death Race


Quel che segue è un raccontino pensato per la Writers Death Race ideata da Roberto Recchioni, a cui però non mi sono iscritto in tempo.
Scritto di getto, lascia il tempo che trova. Lo riciclo qua.

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Dicono che ti passa tutta davanti, in un attimo. Il nastro della vita riavvolto dinanzi agli occhi più rapido del pensiero eppure distinguibile in ogni fotogramma.
Norm si aspetta che lo spettacolo cominci da un momento all’altro, l’ha capito nell’istante in cui ha sentito la gomma posteriore destra esplodere e la notte ha cominciato a roteare intorno a lui in un vortice di stelle filanti, più veloce della luce, delle luci dei lampioni e delle insegne dei negozi. Gli par di vedere i fanali posteriori dell’auto di Ira sparire dietro l’angolo con una traiettoria perfetta, un gioco di prestigio, ma sa che è impossibile. Non può distinguere alcunché, rotea su se stesso così velocemente che il mondo là fuori è solo una macchia, un’unica immensa macchia che non sta ferma un attimo.
Gli sembra di sentire gli organi interni sbattere da ogni parte e mischiarsi, il suo corpo è un mucchio di gelatina in balia di un terremoto. Lo schianto è inevitabile e vicino, eppure sa che c’è ancora tempo perché la visione non è iniziata. Il suo primo ricordo, un cane randagio che corre sulla spiaggia e abbaia alle onde, un cane senza nome che lotta e gioca con l’oceano in un mattina di tanto tempo prima, alla spiaggia, quando sua madre e suo padre non avevano ancora iniziato una guerra che non avrebbe avuto vincitori, quel ricordo non è ancora apparso sullo schermo. Per questo Norm sa di avere ancora tempo, il tempo di chiedersi che diavolo sta succedendo? ho sbagliato qualcosa? ho urtato qualcosa? è la mia ultima corsa?
Sul ponte era in testa e l’auto di Ira tentava disperatamente e senza successo di evadere dal suo specchietto. Sorrideva immaginando Ira teso dietro il volante, le vene del collo come corde di violino pronte a saltare, Ira che digrignava i denti, che imprecava, condannato a perdere per l’ennesima volta. Le gomme avevano urlato quando alla fine del ponte si era buttato a destra, giù per il lungomare, e lo avevano fatto di nuovo quando, voltando a sinistra, l’auto era sgusciata tra i palazzi come un agile gatto tra le gambe di una sedia. Le luci dell’auto di Ira erano due capocchie di spillo nello specchietto.
La città sembrava deserta, tutto quel che riusciva a vedere era la strada e quel che sentiva era il motore che gli urlava tutto il suo amore. La sua auto era una lama rossa che squarciava il sonno della città. Poi era arrivato quell’incrocio, i piedi si erano mossi leggeri come sempre nella loro danza, le sue mani avevano accompagnato con decisione il volante verso destra, lo scenario oltre il parabrezza era cambiato rapido come una diapositiva e bum.
Adesso è su una giostra impazzita. È una trottola.
Si chiede se ha sbagliato qualcosa, si chiede se morirà, si chiede se perderà, ed ha il tempo di accorgersi che è l’idea di perdere a spaventarlo più di ogni altra cosa.
Poi lo vede.
C’è un cane senza padrone che corre sulla spiaggia. Abbaia alle onde che provano a prenderlo, a travolgerlo, ma lui è troppo veloce per loro.

03/02/08

Cosa Vorrei #2

Lei lo osservava, scostando appena le tende con due dita. Avrebbe voluto aprire la finestra e domandargli urlando che diavolo stesse guardando, perché si comportava sempre come uno stupido pazzo, non si rendeva conto di quello che avrebbe pensato la gente vedendolo lì, impalato, a fissare il vuoto?
Invece si accese una sigaretta e tornò in cucina, per controllare la cottura delle cotolette di pollo. Mentre sciacquava le foglie di lattuga, sentì la fame aggredirle lo stomaco con ferocia. Dio, come avrebbe voluto un bel piatto di pasta al forno, quella che la nonna aveva tramandato a sua madre e nella cui creazione si era cimentata anche lei, sempre con risultati inferiori nonostante seguisse alla lettera la ricetta di famiglia, fino a riprodurre scrupolosamente ogni gesto, ogni passaggio, perfino ogni tic della madre, fino a diventarne l’esatta copia ─ cosa che un tempo l’avrebbe fatta inorridire ─ senza essere mai soddisfatta. Forse, come le aveva detto lui una volta scherzando, l’ingrediente mancante era… bah, stronzate.
Tutto questo comunque era prima. Prima della dieta.
Andò in camera da letto e si guardò nel grande specchio dell’armadio. Ormai lo faceva più volte al giorno, quasi ossessivamente, cercando di scorgere nella sua figura appesantita qualche cambiamento, anche minimo. Cercava di riconoscere la ventenne che andava a correre regolarmente tre volte a settimana, che mangiava qualsiasi cosa senza mettere su un filo di grasso per l’invidia delle sue amiche. La ragazzina che in spiaggia faceva girare teste da una parte all’altra come segnavento in balia dello scirocco.
Era proprio lei?
Quanto avrebbe voluto affondare i piedi nella sabbia compatta e bagnata, correre su quella spiaggia senza fermarsi mai, rinchiusa in una bolla di vetro che paralizzasse il tempo.
Forse avrebbe ripreso a fare un po’ di moto. Poteva ancora farcela, si diceva, strizzando gli occhi dietro il velo di fumo.

Nell’androne incrociò la signora del quarto piano che usciva per portare a spasso il cane. La salutò e lei rispose cordialmente, con un gran sorriso, come sua abitudine. Guardando nello specchio accanto all’ascensore poté spiarne le forme rotonde stritolate dalla tuta elasticizzata, mentre la donna raggiungeva a passo spedito il portone. Era da un po’ che non fantasticava su di lei. Di solito lo facevano proprio nell’ascensore, sotto gli occhi del cagnetto riccioluto.
L’ascensore era un buon posto. Lì l’aveva fatto anche con la biondina del piano terra e con la ragazza che consegnava le pizze. Una volta con tutte due insieme.
Ma il posto migliore era in ufficio. Ne aveva fatto di tutti i colori con alcune colleghe, molte sue clienti e con ognuna delle segretarie che si erano succedute nel corso degli anni, a parte una su cui Madre Natura si era perfidamente accanita. Cosa avrebbe dato per averlo fatto realmente almeno una volta con una di loro. Provare a buttarsi. Magari sarebbe successo davvero prima o poi. Ma se fosse accaduto probabilmente non sarebbe stato all’altezza delle sue fantasie. Niente lo sarebbe stato. Nelle fantasie non c’erano tempi morti né imbarazzi, non c’era sudore, niente odori, tutto era morbido e pulito, comodo, tutte erano felici di farlo felice.
Si accorse che l’ascensore era fermo al suo piano.

Sentì girare la chiave nella porta d’ingresso mentre schiacciava il mozzicone di sigaretta nel posacenere. Poi, girando la manopola del fornello mentre con l’altra mano afferrava il manico della padella, si perse. Per alcuni lunghissimi secondi non fu più lei e non fu più lì.
Era in una luminosa cucina di una casa vicino al mare che assomigliava molto a quella di una sua amica d’infanzia, e fissava un piatto pieno di fette di pane con olio e pomodori freschi, mentre da un’altra stanza delle persone che sentiva di conoscere parlavano e parlavano, le loro voci s’intrecciavano attorno a lei come nastri di seta, e parlavano, forse anche di lei. Conosceva il sapore di quel pane, conosceva quel sole che rimbalzava sulla cappa della cucina, quelle voci, conosceva tutto tranne sé stessa.
Durò poco, giusto lo spazio di poche righe, eppure fu come essere rinchiusa in una bolla di vetro che paralizzasse il tempo.
E quando i lunghissimi secondi finirono ce ne volle qualcun altro per tornare a capire che quella mano poggiata sulla manopola del gas era la sua e che fuori era buio già da un pezzo.

Richiuse la porta, appese il soprabito e andò in camera da letto. Sfilandosi le scarpe udì provenire dalla cucina un frastuono metallico di pentole che si urtavano e cadevano seguite da un’imprecazione. Pensò di chiedere se fosse tutto a posto ma non lo fece. Dopo essersi tolto la cravatta e sbottonato la camicia, si lasciò cadere sul materasso e allargò le braccia, come faceva da bambino quando si gettava sulla neve fresca. Avrebbe voluto restare così, a disegnare angeli invisibili sul copriletto, chiudere gli occhi e guardare la neve cadere.
Invece si alzò, si infilò le pantofole e andò in salotto.

Risistemò le pentole nello scaffale e chiuse lo sportello. Terminò di apparecchiare e fissò la tavola, sperando di perdersi ancora. Avrebbe voluto degli altri lunghissimi secondi o anche solo sedersi per un attimo. Invece uscì dalla cucina.
Guardò la testa di lui, abbandonata contro la spalliera del divano, la piazza di pelle lucida che ogni giorno si faceva più grande sfrattando i capelli circostanti su cui si rifletteva la luce del lampadario. La guardò come se potesse scavarla e infilarcisi dentro, ma non ci riuscì.
Si accostò al divano e gli mise una mano sulla spalla.

- Sai cosa vorrei?

Pane e pomodoro, una decappottabile, la neve, il bastardino che avevo alle medie, caramelle mou, un libro che non finisca, correre sulla spiaggia, una ¬figlia, sentire le amiche dell’Università, andare a Cuba, la biondina del piano terra, ballare, chiedere scusa a mio padre, una carta da parati a fiori, il senso dell’umorismo, un jeans, John Lennon vivo, volare in deltaplano, una vasca da bagno, avergli chiesto come si chiamava, sfondare la tv, dormire bene, raccogliere funghi, due ginocchia nuove, ricordare tutto, dimenticare tutto, ridere fino a stare male.

- Qualcosa da bere. – disse invece.

Il ragazzino sentì le voci in salotto e mise le cuffie. Cliccò su play e mentre la musica gli riecheggiava dentro tornò a leggere il messaggio sullo schermo.
“Cosa vorresti con tutto te stesso?”
Il ragazzo guardò il buio fuori dalla finestra. Decise che questa volta non aveva bisogno di buttar giù frasi ad effetto o di mostrarsi brillante.
Sapeva la risposta e gli bastò scriverla.

(Fine)

29/01/08

Cosa Vorrei - 1a parte

Per tutto il tragitto aveva fantasticato sulla cameriera, come spesso amava fare guidando distrattamente verso casa dopo una giornata in ufficio.
Immaginava di essere l’unico cliente in tutto il locale, seduto al tavolo nell’angolo destro della sala, sotto il poster dei cani che giocano a poker. Non c’era nessun altro. Aveva posticipato la pausa pranzo per sbrigare una pratica e una volta ultimata era uscito. In un battito di ciglia, letteralmente, era giunto dinanzi al pub. Spingendo la porta d’ingresso il campanello aveva tintinnato come sempre, udibile nonostante il tuono che era esploso nell’aria annunciando l’inizio di una tempesta. La pioggia violenta avrebbe scoraggiato l’arrivo di altri clienti. Non c’era nessuno dietro il bancone del bar né alla cassa. Con passo sicuro aveva fatto il suo ingresso nella sala da pranzo e raggiunto il tavolo all’angolo. La cascata di pioggia quasi copriva la musica proveniente dall’impianto stereo, quelle canzoni sconosciute, trasmesse dalla stazione radio dal nome impronunciabile. La stessa su cui era sintonizzata l’autoradio a un volume bassissimo, mentre senza fretta conduceva l’auto fuori dalla ragnatela delle vie del centro.
Si era tolto la giacca e l’aveva gettata su una sedia vicina. Quindi aveva tirato giù la cerniera dei pantaloni. Solo allora, finalmente, era entrata la ragazza. Si era diretta verso di lui guardandolo fisso e sorridendo. Sembrava meno timida. Mentre si chinava per porgergli il menù e sistemare le posate, lui poté vederle bene i seni, più pieni del solito, sotto la canottiera nera.
L’uomo seduto al tavolo era lui, del resto quella era la sua fantasia, eppure gli somigliava solo in modo vago. Era come se un attore più bello, più giovane, più magro, si fosse calato nei suoi panni. Poteva vedere attraverso i suoi occhi, incollati a quelli della cameriera, e al tempo stesso osservare tutta la scena dall’esterno, fluttuando come un fantasma irrequieto.
Si vedeva fare quel che avrebbe sempre voluto, scaraventare via il tavolo e cingere con un braccio le spalle della ragazza, attirandola a sé, costringendola a inginocchiarsi. Immaginava che lei continuasse a sorridere, come se non aspettasse altro, per niente stupita dal pene eretto che emergeva dalla patta aperta. Perfino quello sembrava più grosso. Mentre il verde del semaforo si illuminava, lui restava aggrappato al suo sogno ad occhi aperti, cercando di cancellare lo starnazzare dei clacson e i rumori del traffico, per sentire solo la valanga di pioggia contro le finestre del pub e l’ansimare della ragazza stretta a lui.
L’aveva scopata per quasi tutti i sette chilometri del suo abituale percorso, sopra i tavolini, sul pavimento, sul bancone, persino nei bagni, distratto di tanto in tanto dal mondo oltre l’abitacolo, rischiando in più occasioni di travolgere dei pedoni o di mancare una svolta ad un incrocio. Poi, imboccata la via di casa, si era costretto a pensare ad altro.
Arrivato al cancello automatico aveva esitato a prendere il telecomando dal cruscotto. Avrebbe voluto proseguire, senza fermarsi. Non per continuare a fantasticare, ma solo per non fermarsi. Per non schiacciare il tasto del telecomando, entrare nel parcheggio e spegnere il motore, come invece aveva fatto. Chiudendo la portiera, guardò la strada oltre il cancello. Per un attimo ancora si sdoppiò e vide la sua auto allontanarsi, le due luci rosse farsi sempre più piccole fino a sparire dietro a un angolo.

(continua)

26/01/08

Andale, andale, arriba arriba arribaaaa!!!


Non ho niente contro le barzellette, non ne vado pazzo ma se ben raccontate possono sempre strappare una risata, cosa che non si rifiuta mai. Però viverci dentro non è bello e ormai ogni italiano lo sa. Ecco cosa provano i carabinieri. Scusate carabinieri, non immaginavo.
Come in ogni occasione in cui lo spettro delle elezioni incombe sul Paese e il sorriso di Silvio si allarga tanto da poterci infilare un'intera anguria o la testa di Bondi, ecco che anche stavolta mi metto in cerca di una possibile nuova patria. La sola ipotesi che in un prossimo futuro si verifichi un determinato risultato elettorale mi fa venir voglia di fare i bagagli, e so di non essere l'unico.
Lasciare questo stupido paese, 'sta cazzo di barzelletta, per poterne finalmente ridere. Aaaaaaah!
Si sa che il top in fatto di civiltà, libertà e biondità sono i paesi del nordeuropa ma io (disdetta!) soffro maledettamente il freddo. Per farvi capire, la sola idea di succhiare un calippo mi da i brividi. Questo fattore, purtroppo, mi costringe a far fuori gran parte del continente dalla lista delle possibili destinazioni. Niente Regno Unito e rock 'n' roll, niente Olanda e profumi della natura, niente Germania e birra, niente Repubblica Ceca e pornostar. In Francia ci odiano e quindi, concludo, resta solo la Spagna.
In Spagna penso che mi troverei bene. Abbiamo tanto in comune: l'ossessione per il calcio, la tv spazzatura, Eros Ramazzotti e Laura Pausini... forse abbiamo troppo in comune. Però saltano subito all'occhio i lati positivi, ad esempio se ne sbattono quasi totalmente dei vaneggiamenti della chiesa, hanno un governo mancino che sembra davvero mancino e ancora è freschissimo il ricordo di cosa significa vivere sotto una dittatura, hanno Penelope Cruz e la Seat ha la solidità germanica con un retrogusto di Fiat.
La Spagna è una possibilità però voglio approfondire un po' il Portogallo. In Portogallo non succede mai niente. E questo, per me, sarebbe un gradito cambiamento.